Niente balcone, stavolta, niente coretti di «bravi bravi» dei parlamentari grillini portati in gregge sotto Palazzo Chigi, niente ministri che si sbellicano dalle risate e stappano champagne per festeggiare una legge di bilancio, nel frattempo morta e sepolta.
«Ma io sul balcone ci tornerei anche subito», giura Luigi Di Maio, che si affretta a far sapere di aver ricevuto una telefonata di Davide Casaleggio (figlio del defunto fondatore) che gli avrebbe detto: «Questo risultato è una tua vittoria». Chiaro il segnale: «tua», e non di quel vanitoso di Giuseppe Conte, in arte Il Premier, che si sta un po' troppo montando la testa nel tentativo di rubare la scena al povero Gigino. Anche il vecchio ex comico Grillo chiama il vicepremier (in funzione anti-Conte) per congratularsi e battere cassa: «Voglio anche io il reddito di cittadinanza». Sul balcone, però, Di Maio si guarda bene dal salirci di nuovo. Evidentemente consapevole del rischio pomodori. Ma mentre la nuova manovra viene travolta da valanghe di critiche a 370 gradi (come direbbe l'illustre ministra Lezzi), qualcosa per difenderla bisognerà ben farla. Così il trust di cervelli della Casaleggio ha un'idea geniale: perché non copiare il Berlusconi del 1994?
Durante il suo primo governo, 25 anni fa, il Cavaliere fece una serie di spot televisivi per pubblicizzare le promesse mantenute: accanto al titolo della misura compariva il timbro: «Fatto!». Con un quarto di secolo di ritardo, Di Maio copia pari pari: su una paginetta di quaderno gli scrivono l'elenco delle promesse elettorali e vicino la scritta: «Fatto!», e lui la diffonde via social, sbagliando persino l'anno, visto che la legge di Bilancio riscritta in extremis si riferisce al 2019.
Peccato che siano per lo più bufale, e che di «fatto» non ci sia praticamente un bel nulla. A cominciare dal famoso reddito di cittadinanza, che non a caso secondo il ministro Tria partirebbe dal Primo di aprile, giorno del famoso Pesce: la cifra stanziata si è ampiamente ridotta (da 9 a 7 miliardi), ma soprattutto per ora esiste solo lo stanziamento. Di come, quando e con che regole verrà attuata la misura non si sa assolutamente nulla. Poi c'è il doloroso capitolo degli aumenti Iva. «Nessun aumento!», spergiura Di Maio nella sua paginetta. Invece, tra il 2020 e il 2021 è previsto un balzo dell'Iva pari a quasi 20 miliardi annui, con aliquota che passerà dal 22% al 25% e poi al 26,5%.
Il proclamato «taglio delle pensioni d'oro» ci sarà, ma sarà pro tempore: sopra dei 100 mila euro lordi l'anno, se non coperti dai contributi versati durante la vita lavorativa, gli assegni saranno tagliati in modo progressivo. Ma solo per cinque anni. Quanto invece all'«aumento delle pensioni minime», è una bufala: non c'è alcuna apposita voce di bilancio, i fondi andranno se mai pescati in quelli per il Reddito di cittadinanza, e comunque manca qualsiasi dettaglio normativo.
Manca la normativa anche su quota 100, che comunque vede molto ridotti i fondi, diminuito il periodo di validità e aumentati i disincentivi, nella speranza di dissuadere gli aspiranti pensionati. In compenso c'è l'esclusione di ambulanti e balneari dalla direttiva Bolkenstein: costerà probabilmente («Al 99%», secondo il leghista Centinaio) 1,5 miliardi di procedura di infrazione ai cittadini italiani. Fatto!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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