Politica

Da Di Maio primo schiaffo a Casaleggio «Adesso basta rimborsi a Rousseau»

Il guru messo in minoranza dai malpancisti pentastellati

Domenico Di Sanzo

Il bersaglio principale della «fronda dei rimborsi» è l'Associazione Rousseau. E ieri i ribelli hanno registrato una piccola mezza vittoria, già anticipata dai capigruppo alla Camera e al Senato durante l'ultima riunione con i parlamentari. In molti nel M5s riflettono sul fatto che, forse per la prima volta, Davide Casaleggio sia in minoranza dentro al partito. L'altra sottolineatura è su Luigi Di Maio, che ha capito che l'unica carta da giocare per placare la rivolta è ridurre l'influenza di Rousseau sui gruppi parlamentari. Ed ecco la novità: il 9 gennaio scorso, i due capigruppo alla Camera e al Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli hanno modificato un articolo dello statuto del Comitato per i rimborsi, organismo voluto dal capo politico Di Maio nel 2018. Le eccedenze delle restituzioni, in caso di scioglimento del comitato, non saranno più devolute all'Associazione presieduta da Casaleggio jr, ma al Fondo per il microcredito. Si tratta più di un primo segnale simbolico, anche perché chi non sta rendicontando vuole che sia cancellato il conto corrente ad hoc intestato a Di Maio e ai due capigruppo e che venga introdotto un meccanismo forfettario per il versamento dei bonifici. Il ramoscello d'ulivo, però, è stato offerto. E il ruolo dell'Associazione Rousseau sarà uno dei punti caldi su cui si discuterà durante gli Stati Generali. Non è escluso che Di Maio, pur di restare in sella, possa allontanarsi da Casaleggio, limando il peso politico del guru.

Intanto continua l'arroccamento a difesa della leadership del capo politico, minacciata dalle voci che sono circolate negli scorsi giorni su un suo imminente «passo di lato» dalla guida del Movimento. L'ex capogruppo alla Camera Francesco D'Uva, uomo vicino al ministro degli Esteri, in un'intervista a Huffington Post ha usato parole durissime nei confronti dei ribelli. «Luigi non ha mai detto di volersi dimettere - si è lanciato all'attacco D'Uva - chi lo chiede pensi bene a qual è il suo posto all'interno del M5s, e cosa ha fatto in questi anni. E se non è d'accordo cambi aria». Il bastone usato da D'Uva fa da controcanto alla carota dei capigruppo sulla fine delle eccedenze all'Associazione Rousseau. Il deputato messinese ne ha per tutti. Dal senatore Emanuele Dessì «Magari se pensasse meno a Craxi e alla leadership e di più a lavorare per gli italiani sarebbe meglio». All'espulso Gianluigi Paragone: «si qualifica per quel che è, un uomo di spettacolo». Paragone aveva annunciato un tour «culturale» insieme ad Alessandro Di Battista, suscitando ieri anche la risposta piccata del viceministro del Mise Stefano Buffagni: «lui fa spettacolo, io sono pagato per lavorare e dare risposte ai cittadini, non per fare show».

Infine Buffagni ha ricalibrato le ambizioni 5S: «Nei sondaggi siamo quasi al doppio della Meloni».

È lontanissimo il trionfo alle politiche del 2018.

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