Cambia marcia Luigi Di Maio. Stufo di abbozzare e di assistere sempre nelle retrovie ai balzi in avanti dell'alleato leghista, il vicepremier M5s ingrana la quinta e si riprende la scena, rischiando pericolose invasioni di campo come quelle che finora si era abituato a subire, senza battere ciglio, cedendo il passo troppe volte in nome della stabilità dell'esecutivo.
Ma adesso basta. Ora che i sondaggi danno il Movimento Cinque Stelle in forte crisi, il ministro pentastellato prova a fare un po' il Salvini. Per cercare di ristabilire l'equilibrio perduto tra le due forze di governo e sperare di recuperare terreno, evitando il rischio di finire come Giulio Cesare e il console Bibulo, il cui consolato, alla fine, diventò di uno solo, «il consolato di Giulio e Cesare».
Del resto le sconfitte subite dai pentastellati nelle regionali in Abruzzo e Sardegna, e il timore dell'annunciata debacle in Basilicata, bruciano al punto da convincere il leader grillino a cambiare strategia abbandonando ogni prudenza e anche a rischio di creare contrasti con la Lega. Stufo di essere considerato subalterno a Salvini ed essere indebolito dalle continue iniziative del vicepremier leghista volte a spostare l'attenzione su di sé, il ministro M5s - ora che l'entusiasmo per il reddito di cittadinanza comincia a sfumare - ha cominciato così ad occuparsi sempre più di temi non di sua stretta competenza, come quello decisamente caro al Carroccio della sicurezza. Uno degli ultimi fronti tra Cinque Stelle e Lega si è aperto con la vicenda dell'autobus pieno di bambini recentemente dirottato da un autista di origine senegalese a San Donato milanese. In questo caso lo sconfinamento è stato palese e ha toccato direttamente il ministro dell'Interno Salvini, che fino adesso sulla sicurezza aveva una delega in bianco. L'esponente Cinque Stelle, invece, si è fatto avanti proponendo un nuovo modello americano di sicurezza, non più basato sulla repressione ma sulla prevenzione. Arrivando a chiedere anche più spazio sul tema per il premier Giuseppe Conte e per la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, seppur assicurando che non ci sarebbe stato «nessun ridimensionamento di Salvini». Di Maio, insomma, ha capito che il tema della sicurezza paga e ha deciso di sfruttarlo a suo vantaggio alla prima occasione. Un atteggiamento decisamente diverso da quello dei primi mesi di governo, quando non avrebbe mai osato tanto. Anche se già c'erano state dure prese di posizione sulla Tav per frenare gli entusiasmi salviniani: «Finché ci sarà il Movimento Cinque Stelle al governo la Torino-Lione non ha futuro», ha continuato a ripetere categorico Di Maio finché anche il premier Conte è sceso in campo per schierarsi al fianco dei Cinque Stelle sull'Alta Velocità. E poi il capolavoro degli ultimi giorni, con un Di Maio sugli scudi per la firma degli accordi tra Italia e Cina e sempre più lontano dal ben più cauto Salvini, che non ha mai fatto segreto delle sue riserve nei confronti di Pechino. Lì dove il leader della Lega ha criticato, dicendo che la Cina non è un Paese con il libero mercato e invitando alla cautela, il leader Cinque Stelle ha tirato dritto: «Salvini ha il diritto di parlare, io ho il dovere di fare i fatti, come ministro dello Sviluppo Economico. Oggi abbiamo firmato accordi per 2,5 miliardi e con un potenziale di 20 miliardi di euro».
Accordi commerciali per aiutare gli imprenditori, ha ribadito Di Maio fiero della firma, qui davvero invadendo il campo dell'alleato leghista che sull'imprenditoria del Nord ha basato gran parte della sua fortuna elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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