A marcord e futuro. Nostalgia e voglia di continuare a dare battaglia. Un occhio al passato, l'altro agli Stati Generali di marzo, dove, ha detto Luigi Di Maio «ci sarò e porterò il mio contributo». E più di qualche sassolino tolto dalle scarpe. Il discorso dell'addio ha tutto il sapore di un rilancio in vista del primo congresso dei Cinque Stelle. Il leader dimissionario arriva sul palco del Tempio di Adriano a Roma alle 18 in punto, come da programma, introdotto dal deputato ed ex giornalista Emilio Carelli. «Ti ricordi quando ti ho presentato qua?», dice Di Maio salutando il parlamentare. Ed è il primo volgersi indietro. Al 29 gennaio 2018, presentazione dei candidati del M5s nei collegi uninominali alle ultime elezioni politiche. Il varo della «squadra dei supercompetenti», proprio nello stesso scenario romano a due passi dal Pantheon. Si è partiti da lontano, dunque: «alla prima riunione dei parlamentari a cui ho partecipato, nel 2013, nessuno conosceva quello che gli stava seduto accanto». Soltanto alla fine del discorso, l'ormai ex capo politico ha tracciato i prossimi passaggi: «Come da statuto, le mie funzioni di capo politico vanno a Vito Crimi, il membro più anziano del comitato di Garanzia. Vito e il Team del Futuro ci porteranno fino agli Stati Generali dove discuteremo della nuova Carta dei Valori del Movimento. Subito dopo gli Stati Generali passeremo al chi». E sul «chi» potrebbe aprirsi il prossimo scontro. Tra i sostenitori di un Movimento orizzontale «leaderless», guidato da un organismo collegiale, e i pretendenti al trono di nuovo capo politico. Tra i quali, si sussurra dopo il discorso, a questo punto non è escluso che possa esserci Di Maio.
Chi si era illuso che questo «passo indietro», più simile a un «passo di lato», sarebbe servito a calmare le acque di un Movimento litigioso e diviso, è rimasto deluso. Smentito dalle parole di Di Maio. Un discorso permeato dal filo conduttore degli attacchi ai «nemici interni». Tra la paranoia e il parossismo. «I peggiori nemici sono sempre quelli che uno non immagina mai di avere - ha scandito l'ex capo politico - che contraddicono i valori per cui si è lottato insieme». Primo applauso della sala gremita di fedelissimi.
L'applausometro tocca il picco poco dopo: «I peggiori nemici sono all'interno. Sono quelli che lavorano non per il gruppo ma per la loro visibilità». Quindi un'altra staffilata ben assestata: «A quelli che al nostro interno hanno deciso di investire sul ve l'avevo detto anziché sul ce l'abbiamo fatta dico che bisogna prendersi delle responsabilità, alcuni si sono prestati al gioco di farci apparire come tutti contro tutti e questo è un segno di grande immaturità personale e politica». Lo sfogo è quasi liberatorio, compresso da mesi sotto il peso delle tensioni. E infatti Di Maio a un certo punto ha rivelato: «Sto scrivendo questo discorso da un mese, ve lo confesso». L'ex capo politico ha ringraziato gli altri partiti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Giuseppe Conte.
«Oggi si chiude un'era, ma non il mio percorso nel M5s. Ho portato a termine il mio compito», ha annunciato Di Maio. Il fil rouge è comunque la caccia ai traditori: «Molti in questi mesi mi hanno accusato di essere stato troppo ingenuo, non mi considero tale, ma preferisco passare per ingenuo che essere considerato un imbroglione. E personalmente continuo a pensarlo nonostante i tanti tradimenti. C'è chi è stato nelle retrovie e, senza prendersi responsabilità è uscito allo scoperto solo per pugnalare alle spalle».
Il succo politico della giornata è in questa frase: «Ci
vediamo agli Stati Generali». Quasi una minaccia per chi pensava di essersi liberato di Di Maio. E invece lui si è soltanto tolto la cravatta, simbolicamente, alla fine del discorso. Pronto a dare battaglia ai traditori.
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