I l Movimento Cinque Stelle e i due forni. Uno è quello del Partito Democratico, preferito da Beppe Grillo e da buona parte degli esponenti «ortodossi», l'altro è quello della Lega Nord, perché «con Salvini si può parlare», dicono dall'entourage di Di Maio. Con un sottinteso: l'uomo da evitare è ancora Silvio Berlusconi. Ed è proprio l'incognita di Forza Italia che potrebbe far saltare il banco di ogni accordo e portare dritti «fino a elezioni anticipate, magari insieme alle Europee». È questo il ragionamento che fanno gli uomini più vicini a Luigi Di Maio nell'ultimo giorno di queste brevi vacanze di Pasqua. Sì perché, nonostante le manovre di Grillo e della parte «responsabile» del Pd non-renziano, l'unico interlocutore possibile, per gli attuali vertici M5s, resta Matteo Salvini «ma senza Berlusconi, che ormai rappresenta la vecchia politica», dice uno dei consiglieri del candidato premier pentastellato.
Luigi Di Maio, dopo la Pasquetta in famiglia, nella serata di ieri è già ripartito per Roma. Dove lo aspettano altri giorni di trattative. Il filo diretto con il leader della Lega non si è mai interrotto. Certo è che i due si vedranno, forse oggi o nei prossimi giorni, ma le notizie che filtrano dagli ambienti grillini lasciano intendere un ennesimo muro contro muro: «La nostra grande conquista - dicono gli uomini di Di Maio - è che ora i partiti non possono fare nessuna mossa senza il M5s». Il non-detto è sempre lo stesso: «Di Maio è il candidato premier, altrimenti l'unica altra strada possibile è un accordo di scopo». Con pochi obiettivi. Il Def, per il quale sono già in corso i contatti con la Lega, e una nuova legge elettorale. Poi il voto. I grillini sono sicuri di «avere il futuro dalla propria parte» e non intendono fare ammucchiate o governi duraturi in cui il premier non sia il capo politico Luigi Di Maio. Ed è anche la spia del solito conflitto interno. Mentre gli «ortodossi» e Beppe Grillo occhieggiano all'ipotesi di un Pd derenzizzato, il cerchio magico del nuovo leader è pronto ad appoggiare un governo che faccia poche cose «per poi andare subito a votare e cambiare il paese».
Lo scenario disegnato dai maggiorenti del nuovo potere grillino è quello di un «governo di scopo» tra la Lega e i Cinque Stelle, con un premier terzo, né Di Maio né Salvini, per fare «una legge elettorale che permetta di sapere con certezza chi è il vincitore». E archiviare «il pastrocchio del Rosatellum, un sistema progettato per le larghe intese tra Pd e Forza Italia». Probabilmente sarà questa la proposta che farà Di Maio a Salvini nel vertice a due che «comunque si terrà in questa settimana».
Intanto Paola Giannetakis, ministro designato all'Interno, in un post sul Blog delle Stelle rilancia sul tema-sicurezza e sul pericolo del terrorismo jihadista. Scrive Giannetakis: «I dispositivi adottati, che oggi appaiono adeguati agli interventi di prevenzione e contrasto, in prospettiva della reale evoluzione del fenomeno terroristico, a breve non riusciranno a rispondere con la stessa efficienza».
E «in conclusione gli strumenti di prevenzione e controllo devono essere pensati e sviluppati in sinergia per riuscire nel contrasto al terrorismo e all'estremismo di natura violenta». Sembrerebbe un tentativo di aggancio su un tema caro alla Lega, ma nei commenti qualche utente stoppa, interpretando la nuova linea politica di Di Maio: «Il ritorno alle urne conviene al M5s e al Paese».
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