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Quella mamma sopravvissuta all'Aquila piange la sua piccina

Si era trasferita ad Ascoli dopo il terremoto che ora le ha strappato la figlia di 18 mesi

Antonio Signorini

nostro inviato a Amatrice (Ri)

Non è la prima coincidenza, né l'ultima. Tragedie come quella di ieri nascondono migliaia di drammi individuali e familiari, difficili da raccontare, impossibili da accettare. C'è la storia di una donna che era scampata al terremoto dell'Aquila del 2009. Una città distrutta e più di trecento morti. Una tragedia che lasciato il segno nella memoria degli italiani. E la contabilità delle vittime del sisma di ieri è ancora provvisoria, ma cresce a un ritmo che la fa avvicinare pericolosamente all'altra calamità, a quelle 309 vittime di sette anni fa. L'Aquila ancora oggi mostra le sue ferite e a rivivere il trauma sono ogni giorno centinaia di famiglie.

Quel trauma Martina Turco non era ancora riuscito a superarlo. Per cercare di allontanare i suoi fantasmi aveva deciso di cambiare città e lasciare il capoluogo dell'Abruzzo. Se ne è andata a vivere ad Ascoli, zona con meno pericoli sismici. Questa estate le vacanze, in una casa in collina, ad Arquata del Tronto. Anche martedì era con la sua famiglia nel paese marchigiano. La notte del terremoto l'ha sorpresa lì, tra quei panorami che fino ad allora non aveva mai associato alla tragedia vissuta sette anni fa. Ma il sisma di ieri le ha strappato la figlia, Marisol Piermarino. Aveva diciotto mesi, dormiva nel suo letto, poco distante dalla mamma e e da papà Massimiliano. Lui e la moglie sono rimasti a lungo sotto le macerie, ce l'hanno fatta. Martina è ricoverata ad Ancona, il marito ad Ascoli con ferite meno gravi. Ora piangono Marisol.

Il nonno della piccola è stato il primo ad arrivare alla casa crollata e ha cercato di entrare nonostante il rischio che crollasse da un momento all'altro. «Non volevano farmi passare, era tutto pericolante. Ho detto che non mi importava», ha raccontato.

Altre coincidenze, meno tragiche. Come quella di Domenico, operaio: ha passato qualche giorno in un casale di amici a Grisciano, frazione di Accumuli ed è andato via poco prima che la terra cominciasse a tremare, evitando per un soffio la tragedia: il casale è stato completamente raso al suolo. Quasi con vergogna confessa che è la seconda volta che sfiora la tragedia. La prima a Roma, una alluvione che ha colpito la sua casa.

Sui social network si inseguono i commenti di chi è stato risparmiato. Un artista pugliese, i ragazzi del Cus (il centro sportivo degli universitari) di Siena, i calciatori del Foggia. Nessuno gioisce, nelle ore in cui la contabilità dei morti cresce.

All'uscita di Amatrice una donna con gli abiti impolverati trascina insieme al marito delle buste con tutto quello che sono riusciti a raccogliere dalla casa dove abitavano e che forse non vedranno più. «Siamo stati fortunati», spiega agli amici che le chiedono notizie su amici e conoscenti. Si sposta a valle, dove la figlia, che abita a Roma, la verrà a prendere. «Doveva andare a Monaco, ma ha annullato il viaggio per aiutarci», spiega. Poi si allontana ringraziando i soccorritori e anche i giornalisti accampati all'ingresso della città. Il simbolo delle vittime, tutte, che sono riuscite ad affrontare la tragedia con dignità e compostezza.

Non ce l'ha fatta invece un bimbo di 11 anni di Amatrice. «L'hanno sentito chiamare aiuto», aveva detto uno speleologo che ha partecipato ai soccorsi. È partita la corsa contro il tempo per salvarlo. Ma alla fine, poco dopo le 20, il corpicino è stato recuperato senza vita.

Qualcuno, ma la notizia non è confermata, ha detto che era riuscito a mandare un sms al padre. Ma da ore non si sentivano più rumori. Nella stessa zona, in mattinata, erano stati estratti quattro cadaveri e due ragazze ancora vive.

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