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Mancano prof, test e banchi. Il disastro era annunciato

La scuola riparte più ammaccata che mai. Con le criticità legate al Covid sommate a quelle croniche che con l'epidemia non c'entrano nulla, come le cattedre vuote

Mancano prof, test e banchi. Il disastro era annunciato

La scuola riparte più ammaccata che mai. Con le criticità legate al Covid sommate a quelle croniche che con l'epidemia non c'entrano nulla, come le cattedre vuote. Professori che non ci sono e chissà se e quando arriveranno: a meno di una settimana dall'inizio ufficiale delle lezioni, ne mancano ancora 250mila.

La questione docenti è solo una delle tante che stanno rendendo questo inizio anno scolastico una gigantesca incognita. Ieri sono tornati a farsi sentire i presidi. «C'è ancora molto da fare», avverte il presidente della loro associazione, Antonello Giannelli, che vuole indicazioni precise sulla questione dei lavoratori e degli alunni fragili, sull'utilizzo delle mascherine, sui certificati medici per la riammissione a scuola e sulla data di consegna dei banchi monoposto. Ormai è certo che non arriveranno in tempo e nella maggior parte delle scuole ci si dovrà arrangiare con altri metodi di distanziamento o facendo tenere la mascherina anche al posto.

Tra mancate immissioni in ruolo, il flop della chiamata veloce e il caos sulla nuova procedura on line per la formazione delle graduatorie provinciali per le supplenze, l'anno scolastico che sta con ricominciare rischia di trasformarsi in una vera e propria caccia al docente e di deludere quei genitori che speravano in una ripartenza con i fiocchi dopo le difficoltà legate alla didattica a distanza. Una ripartenza che invece sarà tutta in salita. Se in molti istituti si andrà avanti a colpi di supplenze, è anche perché la strombazzata novità della «call veloce» sulla quale il ministro Lucia Azzolina aveva riposto le speranze di colmare almeno in parte i buchi - richiamando volontariamente i precari del sud nelle regioni diverse da quelle della graduatorie di appartenenza - non ha dato i risultati sperati. Su 10mila domande, secondo la Cisl scuola, sarebbero state assegnate meno di 400 cattedre. Davvero pochi i precari disposti a lasciare le famiglie e a trasferirsi, lontano da casa, con tutti i rischi legati al virus e alla possibilità di nuovi lockdown localizzati, per uno stipendio che a malapena basterebbe a coprire spese di viaggio e affitto. Basti pensare che nel Lazio sono arrivate 3 risposte per 5mila posti e in Lombardia appena 59 per 15mila. Per i professori che un posto ce l'hanno, invece, il problema è quello dei test sierologici, che andrebbero fatti, ma non tutti sono disposti a farsi testare. L'esame sugli anticorpi è offerto gratuitamente ai docenti dal 20 agosto, ma secondo i medici di famiglia il 15-20 per cento degli insegnanti si è rifiutato di farlo. Un vero peccato, per il virologo Fabrizio Pregliasco: «Il test può servire ai singoli per conoscere meglio la propria condizione clinica e ai ricercatori per capire l'andamento del virus in certi contasti e territori».

La Azzolina ha detto che verranno fatti test a campione sugli studenti durante l'anno, ma su come procedere quando a scuola qualche alunno presenta sintomi compatibili con il Covid c'è ancora confusione. I pediatri lamentano norme contraddittorie e la mancanza di strumenti diagnostici adeguati. Sono preoccupati perché saranno loro, in caso di assenze superiore ai tre giorni, a dover certificare la riammissione e lo potranno fare solo a fronte del responso del tampone. Per un semplice raffreddore un ragazzo rischia così di dover stare a casa una settimana.

Almeno il ministro per le Pari opportuntà, Elena Bonetti, ha proposto di estendere i giorni di permesso anche alle partite Iva in caso di quarantena dei figli.

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