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Manovra, ok alla fiducia dopo settanta correzioni Renzi si tura il naso e vota

Via libera del Senato con 166 sì. Seduta fiume per le modifiche «imposte» dalla Ragioneria

Manovra, ok alla fiducia dopo settanta correzioni Renzi si tura il naso e vota

P rimo round per la manovra, che a tarda sera passa con la fiducia al Senato. Sono 166 i voti a favore e 128 i contrari. Con una certa agitazione nel M5s, dove si registra il «no» di Gianluigi Paragone, mentre altri quattro senatori pentastellati scelgono di disertare il voto.

Il testo approda ora alla Camera dei Deputati. Blindato, perché qualsiasi modifica comporterebbe il rischio di slittamento dei tempi e di esercizio provvisorio. L'esame a Montecitorio sarà quindi rapido, suggellato anche lì dalla fiducia, ma sicuramente infuocato dalle proteste che le opposizioni intendono inscenare per protestare contro lo strozzamento dei tempi. Del resto, che la situazione della maggioranza sia precaria lo testimonia anche la presenza in Senato del proprietario di Cinque stelle, Davide Casaleggio, piombato a Roma per provare a tenere insieme un partito ormai in stato confusionale e arginare le defezioni.

La corsa ad ostacoli per riuscire ad approvare la manovra in entrambi i rami del Parlamento, nei pochi giorni utili prima della fine dell'anno, è stata faticosa. Stop and go, rinvii, interruzioni, corse in commissione per rimettere a posto il testo, tour de force del povero ministro D'Incà, costretto a chiedere la fiducia ben due volte in sei ore: a Palazzo Madama la giornata è stata frenetica, dopo una lunghissima maratona notturna in commissione. Il voto di fiducia, previsto per il primo pomeriggio, slitta alla sera: prima la raffica di norme non ammesse o stralciate dalla presidenza del Senato, con strascico polemico in aula sul casus belli della cannabis legale, con accuse grilline alla Casellati per la «scelta di parte».

Poi, sul maxi-emendamento predisposto dal governo e modificato dalla commissione Bilancio, piomba una raffica di richieste di correzione da parte della Ragioneria generale dello Stato: settanta norme da correggere, alcune per mere questioni di «drafting», altre per problemi di copertura, oltre alla richiesta stralcio della sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi e dell'estensione ai pediatri dei fondi per avere macchinari per gli esami in studio.

La seduta del Senato viene più volte interrotta per dare modo alla Commissione Bilancio di rimettere a punto il testo tenendo conto prima delle norme dichiarate inammissibili dalla Casellati e poi delle osservazioni della Ragioneria. Finalmente, e siamo ormai nel pomeriggio avanzato, si torna in plenum con il maxi-emendamento rimesso a posto, e il ministro per i rapporti con il Parlamento D'Incà annuncia di nuovo (lo aveva già fatto in mattinata) la richiesta di fiducia del governo, stavolta sul testo rimaneggiato. E iniziano le dichiarazioni di voto dei gruppi parlamentari. Il relatore di maggioranza, Dario Stefano del Pd, rivendica i meriti giallorossi: «Con questa manovra abbiamo evitato l'aumento dell'Iva e messo l'Italia al riparo dallo spread». Dall'opposizione ovviamente negano: «Macché, questa manovra è tutta tax: è la parola che ricorre di più», dice il leghista Romeo. Non vota Emma Bonino: questa sessione di bilancio, dice, è «una pseudofarsa». Vota sì Matteo Renzi, sia pur tappandosi il naso. Ironizza sulla «tarantella» della Lega, passata dalla «sbornia antieuropea del no al Mes» alle proposte di «governo Draghi di unità nazionale».

E chiede «scusa» alla minoranza e al Quirinale perché «ancora una volta un ramo del Parlamento non discuterà la manovra».

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