Roma Nel piano di Matteo Renzi per le elezioni anticipate ci sono due bug legati tra loro. Uno si chiama legge di Bilancio, l'altro Pier Carlo Padoan. Il dilemma è lo stesso da mesi: fare cadere in anticipo il governo Gentiloni, cercare di conquistare Palazzo Chigi per poi prendersi la responsabilità di una manovra autunnale che nella migliore delle ipotesi sarà di 17 miliardi, oppure lasciare il lavoro sporco al ministro dell'Economia per poi scaricare la colpa sul predecessore.
Le ultime mosse del segretario Pd fanno aumentare le quotazioni della seconda ipotesi. La legge elettorale approvata entro luglio comporterebbe un'accelerazione della fine del governo. Le dimissioni dopo l'approvazione del nuovo sistema elettorale sono facili da motivare, così come lo scioglimento delle camere. Ma le elezioni si possono tenere tra i 45 e i 70 giorni dopo quindi tra settembre e ottobre.
Stessa scadenza della legge di bilancio, che deve essere presentata in Parlamento entro il 15 ottobre. Un timing che lascia poco spazio alle strategie dell'ex premier e rafforza l'idea che la prossima «finanziaria» sarà firmata da un esecutivo di transizione, quello Gentiloni o uno analogo. Renzi vuole vincere le elezioni. Con il Rosatellum non è un'impresa impossibile, ma per raggiungere il 35% dei consensi non può mettere la firma su un salasso. Che allo stato è assicurato.
Solo per evitare le clausole di salvaguardia, quindi gli aumenti dell'Iva e delle accise, servono 17 miliardi; 10 se si lasciano scattare a metà come prevede il Def. Poi, tra misure annunciate e altre spese difficilmente evitabili come il contratto dei dipendenti pubblici, il conto lievita tra i 30 e i 40 miliardi.
Una stangata, a meno che non si decida di andare allo scontro duro con la Commissione europea, imponendo un deficit più alto e strappando flessibilità con qualche trucchetto. Come quello del 2016 degli investimenti mai arrivati. Il problema - e questo è il secondo bug - è che il ministro dell'Economia Padoan non ha nessuna intenzione di andare contro Bruxelles e semmai prepara legge di Bilancio in linea con le indicazioni della stessa Commissione. I rapporti con Renzi si sono già guastati e Padoan non pensa di restare in politica in Italia. Meglio, dal suo punto di vista, mantenere la barra dritta e confermarsi come un interlocutore affidabile dell'Europa
In ogni caso, i prossimi mesi si annunciano difficili. Con i partiti della maggioranza tentati di chiudersi nei rispettivi fortini.
Un assaggio ieri è arrivato dalla discussione sulla manovra correttiva da 3,4 miliardi. Mdp, il movimento di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani è andato in guerra sui voucher. Se verranno riproposti usciranno dalla maggioranza.
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