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Manovra, al Senato è il caos: ​passa la fiducia tra urla e risse

Il Senato approva il maxi emendamento alla manovra: De Falco si astiene. Forza Italia: "Il Paese ora è più povero". E il Pd: "Ricorso alla Consulta"

Manovra, al Senato è il caos: ​passa la fiducia tra urla e risse

Risse, urla, pianti e scontri durissimi. Alla fine di una maratona notturna, che sembrava non aver più fine, l'Aula del Senato ha dato il via libera con 163 voti favorevoli, 68 contrari e due astenuti alla manovra economica che ora dovrà tornare alla Camera dei Deputati per l'approvazione definitiva. Il testo di 270 pagine stravolge totalmente la legge di Bilancio, inserendo i dettagli scaturiti dall'accordo con la Commissione europea e le misure su cui la Lega e il Movimento 5 Stelle si sono accordati all'ultimo. Le opposizioni, Forza Italia e Partito democratico in testa, attaccano non solo il merito ma anche il metodo, con il maxi emendamento arrivato in zona Cesarini, per poi essere ancora limato direttamente nella commissione Bilancio a Palazzo Madama, senza alcun voto, ma solo una sostanziale ratifica, quasi alla cieca.

Lo scontro in commissione Bilancio

Quella di ieri è stata l'ennesima giornata al cardiopalma. Il governo incassa sì la fiducia sul maxi emendamento che recepisce l'intesa con Bruxelles, ma strappa con le opposizioni che denunciano, senza troppi giri di parole, un comportamento incostituzionale da parte della maggioranza. Tanto che, dopo aver abbandonato la commissione Bilancio e aver manifestato il proprio dissenso in Aula, si è arrivati a parlare di ricorso alla Corte costituzionale. Ai senatori delle opposizioni, infatti, non è stato consentito di procedere a un solo voto sul testo. L'ultimo miglio è stato anche il più lungo. L'avvio della discussione generale, prevista per le 14, è slittato alle 20,30. La tensione è salita in commissione Bilancio quando il governo ha annunciato la necessità di modificare il testo presentato per correggere degli errori formali e per stralciare alcune norme per motivi di copertura. Una decisione che ha scatenato l'ira dell'opposizione. Forza Italia ha lasciato la commissione prima del voto sulla modifica del testo, il Partito democratico ha chiesto le dimissioni del presidente della commissione, Daniele Pesco, e Fratelli d'Italia non hanno partecipato al voto. Più tardi, quando dopo l'ennesima capigruppo il testo è finalmente giunto in Aula, si è sfiorata la rissa quando i senatori dem si sono avvicinati ai banchi del governo (guarda il video). Sono volate alcune copie del maxiemendamento e la piddì Simona Malpezzi ha accusato la senatrice questore Laura Bottici (M5s) di averle "messo le mani addosso". Per calmare gli animi il presidente Maria Elisabetta Casellati ha sospeso per alcuni minuti la seduta.

Le opposizioni sul piede di guerra

Durante la discussione in Aula, le opposizioni hanno dato del filo da torcere alla maggioranza gialloverde. Il Partito democratico ha denunciato la violazione del regolamento di Palazzo Madama e quindi dell'articolo 72 della Costituzione. Tanto che solleverà un ricorso diretto alla Consulta. "Affinché - come hanno spiegato i dem - si pronunci sulla enormità che si sono compiute, sotto i nostri occhi e sotto quelli del Paese, da parte di questo governo violento che se ne frega dei diritti del Parlamento". Anche l'ex premier Matteo Renzi li ha attaccati a testa bassa dicendoche la legge di Bilancio ridimensiona le misure annunciate dal governo giallo-verde: "È la retromarcia dei populisti... alla fine la realtà ti presenta sempre il conto". Poi, chitando Abramo Lincoln, ha chiosato: "Potete ingannare tutti per qualche tempo, e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre". Durissima anche la protesta di Forza Italia che ha esposto i cartelli "Più povertà per tutti: fatto" (guarda il video). Anna Maria Bernini, poi, ha ironizzato sulla "manovra del popolo" da votare "alle 2 di notte", quando "si aggira solo la Befana". "Avete paura di mostrare le opposizioni? Dateci voce!", ha attaccato la presidente dei senatori azzurri, per poi sbeffeggiare i pentastellati, che promettevano di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. "Ma vi è scappato il tonno - ha tuonato - e anziché una scatoletta aperta, volete farci approvare una manovra a scatola chiusa".

Le tensioni nella maggioranza

Tra i cambiamenti last minute c'è lo stralcio di due novità. Una tocca alcune graduatorie della Pubblica amministrazione, prorogate ma con alcuni paletti. L'altra, più sostanziale, toglie la misura che imponeva una stretta agli autisti con conducente, gli Ncc. L'esecutivo prima parla di "una valutazione tecnica" delle nuove linee guida che "potrebbero comportare una scopertura", quindi decide di far rientrare la norma sotto forma di decreto. Il ministro per i Trasporti Danilo Toninelli cerca di rassicurare i tassisti che a Roma hanno subito inscenato nuovi blocchi accusando i concorrenti Ncc di essere favoriti dalla mancanza di regolamentazione. Di fronte ad altri rilievi secondo cui erano diminuiti gli investimenti a bilancio, fonti di Palazzo Chigi hanno invece sottolineato che "le risorse destinate nel prossimo triennio restano invariate, per un valore complessivo di circa 15 miliardi". Certo, a seguito dell'interlocuzione con l'Unione europea è stato ridotto di 2,1 miliardi l'ammontare trienniale a carico del bilancio dello Stato. "Ma - spiegano le fonti all'agenzia LaPresse - tali risorse saranno pienamente compensate con i fondi strutturali". Per il caos e gli slittamenti, la maggioranza respinge l'idea di un suk con trattative estenuanti tra Lega e M5S. C'è, invece, chi incolpa di tutto il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, già finito sotto accusa da parte dei pentastellati nelle settimane passate. "È comunque vicino alla scadenza...", sussurrano i gialloverdi all'agenzia Adnkronos. Nel frattempo, però, c'è da portare a casa la manovra che non vedrà il via libera definitivo la prossima settimana. La commissione della Camera per la terza lettura è stata convocata il 27 dicembre, l'Aula il 28 e 29.

Il tutto a poche ore dall'incubo dell'esercizio provvisorio.

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