Le manovre segrete di Prodi per rottamare il Pd renziano

Il Prof si muove dietro le quinte, tra D'Alema e Pisapia. Il fedelissimo Parisi: "Matteo prigioniero del proprio io"

Le manovre segrete di Prodi per rottamare il Pd renziano

Da qualche settimana è bollente, il telefono di «tenda Prodi». Forse a causa della crescente lontananza dal Nazareno, forse per la stessa irreperibilità suggerita dallo strumento. Però, se fossimo Renzi cercheremmo di informarci (magari da Pisapia) sulla posizione della piccola, ma cazzutissima canadese dell'ex premier. Che già una volta, in un'intervista ebbe a descriverla così: «È canadese, pratica. Si può infilare nello zaino e rimettersi in cammino e spostarsi. Certo non ho dedicato la mia vita a costruire alleanze con obbiettivi talmente disomogenei da diventare improduttivi».

La metafora scelta da Prodi ricomparì a fine giugno, quando annunciò con un certo fastidio d'aver «rimesso la tenda nello zaino». Da ieri, mercè il monitoraggio di uno dei più vicini al fondatore dell'Ulivo, Arturo Parisi, sappiamo che «più che spostarla da un'altra parte del campo, il rifiuto del progetto di costruire una coalizione con forze di centro e di sinistra, da parte di Renzi, ha spinto Prodi ad arrotolarla e ad allontanarsi dal campo». Eppure la bellezza della canadese sta nella sua duttilità, e allora eccola ricomparire, inattesa, qualche sera fa a Bologna, per un incontro con Pisapia e Orlando. Soprattutto, via cellulare, la tenda è presente nelle peregrinazioni monacali di Pisapia che, come Romano, non ama una certa aria «so-tutto-io» che aleggia sulle pendici dalemiane di Articolo 1. Ma si fa il pane con la farina che si ha, e un riavvicinamento tra i vecchi arcinemici (Prof e Baffetto) è in corso. A favorirlo, da ultimo, la feroce ricostruzione renziana del passaggio di consegne con Letta jr, e quel suo governo «inadeguato che passerà alla storia per l'aumento dell'Iva». Prodi, mentore del Letta giovane, è irritatissimo per il vergognoso accanimento (ma anche ieri Renzi ha perseverato: «Ho scritto solo la verità»). Così, da semplice «confessore» dei tanti che lo chiamano, Prodi è passato al modus operandi. Anche molte delle vedute di Parisi, che da tempo centellina le sue uscite, sembrano dettate dalla più ampia visione del Numero Uno.

«Renzi vuole perdere, è prigioniero del suo Io», dice Parisi, assai più morbido che nel passato su D'Alema e Mdp, al punto da riconoscere che «la loro voce ha avuto finora il timbro di una sinistra di governo». Anche l'idea della non ricandidatura di Pisapia sembrerebbe uno scherzetto ordito dal Prof, una specie di cimento del fuoco con cui saggiare la buona volontà dalemiana. «L'annuncio è stato accolto come se ai passeggeri si dicesse che il pilota sta a terra», ironizza Parisi. Che evoca lo scioglimento di Mdp, e ricorda l'offesa e lo sbalordimento di Veltroni nel 2000 per la stessa richiesta ai Ds. «Ho paura che dopo 17 anni e su scala diversa siamo di nuovo là», dice.

Ma è

proprio questa della «rotazione», della non ricandidatura o dello scioglimento di Mdp che dir si voglia, la prova che Prodi sta chiedendo ai nuovi compagni di strada. Prima di chiudere i conti con il Rottamatore, rottamandolo.

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