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Marroni cede al pressing e se ne va

In arrivo altri colpi di scena: lunedì nuovo interrogatorio di Scafarto

Marroni cede al pressing e se ne va

Roma - Alla fine lo «sfiduciato» Luigi Marroni cade, il Pd si toglie la rogna che lo ha inguaiato su Consip, ma l'ad non va via senza un po' di veleno. «Io sono un fedele servitore dello Stato. Faccio il mio lavoro fino in fondo, fino all'ultimo giorno», spiega lasciando l'Anac, dove ieri ha incontrato Raffaele Cantone, e aggiungendo che «assolutamente» non resterà nella centrale acquisti della pubblica amministrazione. «C'è l'assemblea il 27 e finisce questa esperienza bellissima». E a chi insisteva nel chiedergli se ci fossero le condizioni per proseguire, l'accusatore di Luca Lotti, di Filippo Vannoni e dei vertici dell'Arma come «spifferatori» dell'inchiesta (tanto da indurlo a bonificare il suo ufficio dalle microspie) ha risposto: «Chiedetele all'azionista queste cose, non a me».

In fondo, mercoledì era stato il deputato Pd Emanuele Fiano ad annunciare la defenestrazione di Marroni mettendola in relazione proprio con le accuse che l'ad avrebbe confermato a verbale contro Lotti. E spiegando che, se davvero aveva ribadito che il ministro dello Sport era tra quelli che l'avevano avvertito dell'inchiesta in corso, allora «lui conferma di non avere più alcun rapporto di fiducia col governo che lo ha espresso». Un punto su cui sia Pier Luigi Bersani che i Cinque stelle hanno alimentato le polemiche, sottolineando l'anomalia di una «cacciata» provocata da «verità scomode» il primo e l'esistenza di «un sistema Renzi» i secondi.

Ma di certo anche sul fronte giudiziario, e in particolare sulle anomalie dell'indagine, potrebbero arrivare altri colpi di scena. Lunedì è in calendario il terzo interrogatorio di Gianpaolo Scafarto, il capitano del Noe, l'investigatore che lavorava con Henry John Woodcock, accusato di aver falsamente attribuito all'imprenditore Alfredo Romeo una frase («Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato») pronunciata invece da Italo Bocchino (e quindi il riferimento era a Matteo Renzi, non al babbo Tiziano), e di aver dedicato un capitolo dell'informativa all'inesistente presenza di uomini dei servizi segreti nei dintorni dell'ufficio romano di Romeo. Ora, però, salterebbe fuori che sempre Scafarto avrebbe informato dell'indagine Consip e dei suoi sviluppi un suo ex superiore del Noe, che si sospetta sia passato - curiosamente - a lavorare proprio per l'intelligence, precisamente per l'Aise. Anche questo spunto è frutto delle improvvide chat WhatsApp di Scafarto, recuperate dal suo cellulare nel corso del primo interrogatorio. Nel prossimo, quello di lunedì, le domande dei pm romani verteranno proprio sul punto. Capire chi è quest'uomo, spiegare perché veniva ragguagliato sull'inchiesta in corso e a chi, a sua volta, ne avrebbe dovuto riferire. Il Pd già grida allo scandalo (con Zanda, per esempio, che parla di «comportamenti deviati incompatibili con la democrazia e lo Stato di diritto»), ma è pur vero che l'Aise dipende dalla presidenza del Consiglio.

Le sorprese, appunto, potrebbero non essere finite.

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