Politica

Martina pronto alla resa: per colpa di Matteo il Pd rischia di sparire

Reggente a un passo dall'addio. Franceschini furioso: Renzi non è un leader, è un Signornò

Martina pronto alla resa: per colpa di Matteo il Pd rischia di sparire

Eccola, l'onda lunga di Renzi, che dalla poltrona tv di Fazio è tornato a parlare, e a far parlare di sé. Immediati i malumori fra i compagni di partito, primo fra tutti il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, che tuona: «È impossibile guidare un partito in queste condizioni». Mancano pochi giorni, alla Direzione nazionale del Partito Democratico, in programma giovedì prossimo 3 maggio, e la situazione è già tesa oltre ogni misura. «In queste ore si legge in una dichiarazione di Martina - stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione nazionale di giovedì che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione». Il segretario reggente, ha poi aggiunto: «Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l'estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società; si smarrisce l'impegno per il cambiamento e non si aiuta il Paese. Per questo continuo a pensare che il Pd abbia innanzitutto bisogno di una vera ripartenza su basi nuove».

Martina, che nei giorni scorsi sembrava aver minacciato più volte le dimissioni, non lascia margine di equivoci. Complice l'ingerenza di Matteo Renzi sulle difficili prospettive di dialogo con le altre forze politiche, il segretario reggente sembra a un passo dall'appendere al chiodo l'incarico, costretto a rinunciare al ruolo di traghettatore moderato che, assieme a una fetta del partito, guarderebbe con favore all'ipotesi di valutare un dialogo con i grillini. Martina sa che senza gli uomini di Renzi in Parlamento, qualunque accordo non sarebbe possibile.

La conferma arriva da Gianni Cuperlo, leader di SinistraDem, intervistato a Radio Capital: «L'intervista di Renzi dice che non ci sono i numeri per avviare una discussione con il M5s. Se una parte rilevante dei gruppi parlamentari dice mai, è un atto di correttezza evitare di far perdere tempo al Paese». Cuperlo ha poi aggiunto: «La direzione del Pd di giovedì dovrebbe cambiare l'ordine del giorno inserendo la preparazione di una nuova campagna elettorale, una cosa da far tremare le vene ai polsi».

È evidente che la questione vada ben oltre quello che sarà o non sarà il ruolo del Pd dnel superamento dell'attuale fase di stallo per la formazione del governo. È una faccenda che ha a che vedere con personalismi e malpancismi, così l'occasione di un Renzi redivivo è la miccia facile per innescare inesplose tensioni, sedate fino a data destinarsi. Ovvero, la Direzione, che averebbe dovuto essere in effetti il luogo naturale per importanti decisioni da prendere sul futuro del partito. Decisioni anticipate, a sorpresa, dall'ex segretario Renzi in prima serata sulla tv di Stato. E questo ai Dem non è proprio piaciuto, soprattutto il fatto che a dettare la linea torni ad essere proprio lui, l'ex segretario Pd.

Lo dice Cuperlo: «Se ti dimetti, ti dimetti. Un partito non discute della sua linea in una trasmissione politica, ma convoca i suoi organi. Vorrei capire cosa intendiamo per leader: Renzi ha fatto anche cose giuste, ma ha perso le sfide fondamentali che ha affrontato, il referendum e le politiche portando il Pd al minimo storico».

Più tardi, è arrivata anche la reazione di Dario Franceschini: «Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire.

Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più».

Commenti