"Matera capitale della cultura? Nel 2019 sarà solo una figuraccia"

L'ex sindaco: il mio piano originario è stato stravolto

"Matera capitale della cultura? Nel 2019 sarà solo una figuraccia"

I tempi dell'euforia e dell'adrenalina sono lontani. Matera capitale della cultura europea 2019: pareva un sogno, rischia di diventare un flop. Nicola Buccico, ex sindaco della città dei Sassi, è tranchant: «Siamo in gravissimo ritardo e non si vede lo straccio di un progetto. Si parla solo di pizze e patatine, manco fosse una fiera gastronomica». Un giudizio affilato e cupo, ancora più doloroso perché fu proprio lui, l'ex senatore di An e componente del Csm, a lanciare quell'idea ambiziosa: incoronare la piccola Matera regina del continente. «Era il 2008, io ero sindaco, Matera era già cresciuta tanto, non era più la città disgraziata descritta da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli. Ci voleva però un salto ulteriore, una consacrazione internazionale».

La consacrazione è arrivata.

«Ma no. Lo speravo anch'io, invece si annaspa, non c'è un'idea, solo una specie di suk: bancarelle, friggitorie e vinerie».

Calma, non mancano ancora due anni all'appuntamento?

«Infatti spero di essere smentito per il bene della comunità, ma resto pessimista».

Che cosa non va?

«La mia idea originaria è stata tradita e abbandonata e non ne vedo un'altra».

Lei cosa aveva pensato?

«Si trattava di raccordare l'antico e il moderno».

Tradotto in soldoni?

«Matera è una città in buon parte sotterranea».

Lei voleva riaprire quei cunicoli oggi chiusi?

«Si, ma volevo fare molto di più. Recuperare la Matera nascosta, le viscere della nostra storia, ma anche aprire nuovi spazi, legati a quel tessuto urbano particolare, come contenitori di attività e laboratori di idee».

In concreto?

«Avevo chiamato cinque archistar per ridisegnare il centro storico, tenendo conto della nostra città invisibile e lavorando su un altro concetto cardine della nostra storia».

Quale?

«Matera da sempre guarda a Oriente. È legata ai paesi del Mediterraneo e a quelli arabi, ha una tradizione che deve essere riscoperta e valorizzata».

Invece?

«Io me ne sono andato, si sono avvicendati altri sindaci e altre giunte .Di diverso colore. È nata la Fondazione, a sua volta legata alla Regione Basilicata».

Da sempre rossa.

«Ma non è questo il punto».

Cosa hanno combinato i nuovi amministratori?

«Finora progetti modestissimi. Siamo alla paralisi, alle beghe di partito, al suk, si sono persi per strada i grandi architetti e l'impostazione di fondo».

C'è in vista il museo demoantropologico. Bocciato?

«No, per carità ma sarà digitalizzato mentre per me dovrebbe essere un percorso fisico. Non c'è la zampata che dà il tocco in più a una realtà già straordinaria».

Il Comitato ha un budget di soli 36 milioni. Non è un po' poco per disegnare il futuro?

«Certo, ma i soldi camminano sulle idee. Tenga conto che qui c'è in gioco l'Europa che potrebbe darci una mano. Noi invece siamo famosi per non saper spendere nemmeno i soldi che abbiamo».

Da più parti si critica la mancata trasparenza di alcune scelte strategiche. Condivide?

«Si. Aspetto ancora di leggere i bilanci della Fondazione Matera 2019. I vertici dell'ente sono stati scelti seguendo i criteri della vecchia, mai abbandonata, lottizzazione e non quelli della competenza e della bravura sul campo. Si parlava di grandi nomi, io francamente non li vedo».

Sul Giornale lo storico Giovanni Caserta denuncia l'estraneità degli intellettuali al format di Matera 2019.

«E purtroppo ha ragione. C'è una kermesse culinaria, o qualcosa del genere: le energie migliori non sono state coinvolte. E poi Matera è in declino anche se passa al trucco in vista del 2019».

Non le pare di esagerare?

«No, mi mangio le mani se penso che Marsiglia ha cambiato volto sfruttando l'opportunità che ora tocca a noi. Qui a Matera vanno bene solo i ristoranti e le focaccerie che spuntano come funghi. Ma molti luoghi simbolo sono in abbandono.

La Biblioteca provinciale, l'unica che abbiamo, è in difficoltà e rischia di chiudere. Cosi come l'Archivio di Stato. Il teatro, il bellissimo Duni, è già off limits da un pezzo. Altro che capitale della cultura. Di questo passo andremo incontro a una figuraccia su scala mondiale».

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