Il piano A, un governo politico, è già avviato. A Salvini e Di Maio, i leader dei due partiti «che hanno avuto un ampliamento di consensi», il capo dello Stato ha dato tutte le istruzioni del caso e ora aspetta per giovedì o venerdì risposte sui programmi e le alleanze. Se serve, avranno altro tempo. Ma se non funziona, se Lega e M5s non riusciranno a trovare un'intesa, se non risolveranno il problema Berlusconi, se altre soluzioni andranno in malora, il Quirinale ha pronto un piano B, il governo del presidente. E a guidarlo, a quanto si dice, non sarebbe la Elisabetta Casellati, tanto meno Roberto Fico. I due presidenti-matricola hanno il ruolo istituzionale, non l'esperienza necessaria.
Si tratta però di uno scenario ancora lontano, che potrà diventare attuale solo se e quando i due pretendenti falliranno il loro tentativo. Insomma, dovranno essere le forze politiche, Cinque Stelle compresi, a salire sul Colle per chiedere un suo intervento diretto, perché Mattarella vuole rispettare il senso del voto di marzo e non intende forzare la mano. «Un problema alla volta», spiegano.
E comunque, prima buttare quest'asso sul tavolo, il capo dello Stato ha tante altre mani da giocare. Intanto vuole aspettare la fine della prossima settimana e capire dal prossimo giro di consultazioni se i partiti avranno fatto dei passi avanti o se saranno ancora impantanati nel giochino dei veti. Il centrodestra, che si presenterà plasticamente insieme, sarà davvero unito? La mono-delegazione è un'arma a doppio taglio o servirà a sbloccare le cose? E i Cinque Stelle cominceranno a capire che, se davvero vogliono stringere un patto, devono essere pronti a cedere qualcosa?
Tanti dubbi, troppe questioni aperte. Ci sono «tre o quattro fronti» contemporaneamente, difficile in queste condizioni fare previsioni e il secondo giro, per quanto possa andar bene, sarà comunque interlocutorio. Quindi, con tutta probabilità, ce ne sarà anche un terzo. Poi, nel caso di stallo prolungato, il presidente, che «ha a disposizione una serie di strumenti», valuterà il da farsi.
Il piano B? Non subito, non c'è troppa fretta, anzi il tempo è un alleato. Nel 2013, ricordano nel palazzo, quando Bersani fu a lungo vicino a Palazzo Chigi, la crisi si sbloccò dopo due mesi con la rielezione di Napolitano alla presidenza e la nomina di Letta. Per varare il governo Dini, nel 1996, ci vollero 121 giorni. Nel 1972 il governo Andreotti vide la luce dopo ben quattro mesi. Nel 2008 Prodi due nacque dopo 104 giorni di travaglio. E non durò molto.
Quindi sì, c'è ancora tempo, visto che i mercati sono tranquilli e l'Europa non ci pressa.
Tempo e spazio per qualunque soluzione, tutte tranne una, le elezioni anticipate. La finestra di voto di giugno è già chiusa, quella d'autunno verrà sbarrata dalla Finanziaria. Mattarella considera inutile e dannoso tornare alle urne.
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