
«Una pagina strappata nel libro della nostra storia». Erano trascorsi pochi giorni dalla sua elezione al Quirinale quando il 10 febbraio 2015, Giorno del Ricordo, Sergio Mattarella rievocò le sofferenze degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati. Da allora ha sempre richiamato gli avvenimenti che hanno distrutto le vite di tanti uomini e donne che si trovavano dalla parte sbagliata del confine sbagliato.
Ora Mattarella interviene con una nota persino più incisiva nella quale si scaglia contro «l'indifferenza» e il «deprecabile negazionismo militante» per richiamare al cuore del Paese «una sciagura nazionale», «una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata». Il Presidente ricorda le «terribili sofferenze» subite «sotto l'occupazione dei comunisti jugoslavi», «una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole».
Parole importanti anche perché arrivano da un politico di tradizione fieramente antifascista. Riferimenti che scavano anche nelle ferite della sinistra radicale, poiché è nelle frange che faticano a tagliare i ponti con il comunismo che continuano a nascere polemiche che tornano attuali in occasione di celebrazioni o semplici eventi culturali. L'anno scorso, per restare in tempi recenti, era finito sotto attacco il film «Red Land. Rosso Istria», che racconta le foibe attraverso la vita della studentessa Norma Cossetto, solo perché trasmesso dalla Rai.
«Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante» scrive Mattarella. E aggiunge: «Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell'indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l'odio, la vendetta, la discriminazione, germinano solo altro odio e violenza». Una storia che non si fa maestra di vita.
Il capo dello Stato, che nella Cappella Paolina del Quirinale ha assistito al concerto celebrativo del Giorno del Ricordo alla presenza di esponenti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, entra nel dettaglio: foibe e esodo furono «una sciagura nazionale» incompresa dai contemporanei e che ancora oggi fatica a radicarsi nelle profondità della coscienza italiana.
«La persecuzione, gli eccidi efferati di massa culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle foibe - l'esodo forzato degli italiani dell'Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell'Europa». Queste terre, ricorda, alla fine della Seconda guerra mondiale conobbero «la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo».
Il discorso non è rivolto solo a ciò che è stato ma guarda anche al futuro: «Un monito perenne
contro ideologie e regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona».