Matteo si butta sui sondaggi: in coalizione ce la giochiamo

Il leader Pd spera nelle rilevazioni che danno il M5s in calo. E detta la linea: alleanze solo con Pisapia e Ap

Matteo si butta sui sondaggi: in coalizione ce la giochiamo

All'indomani della corrida televisiva senza Luigi Di Maio (ma con in studio un paio di giornalisti che se ne facevano portavoce, salvo forse i congiuntivi), Matteo Renzi riprende il treno targato Pd e punta a Nordest.

Soddisfatto per la performance a Di Martedì, cui ha fatto fare un boom di ascolti assolutamente inedito, e per i sondaggi commissionati dal Nazareno ad Swg che danno il Pd in crescita di quasi un punto (26,8), i Cinque Stelle in calo (25,4%, meno 1,1) e la coalizione di centrodestra, al 34%, ancora distante dalla coalizione di centrosinistra, al 29,3%. «Ce la possiamo giocare», dicono nel Pd, e attribuiscono il brusco calo dei grillini all' «effetto Gigino», inteso come rimbalzo negativo del fugone dell'aspirante premier della Casaleggio dal confronto tv. Un fugone, spiegano i bene informati, imposto dallo stesso Beppe Grillo all'indomani della delusione siciliana.

Ma le soddisfazioni si fermano qui e la strada, per il centrosinistra, rimane in salita. Renzi teme il rinvio delle elezioni, nonostante il Quirinale abbia definito «pura fantasia» la voce che il presidente stia lavorando all'ipotesi di voto a maggio: «La scelta spetta alle forze politiche». Soprattutto, spetta al governo che deve decidere se chiudere con la legge di Bilancio o andare avanti, magari per tentare di approvare lo ius soli. Un'ipotesi che non convince Renzi, che teme che la legislatura si dilunghi favorendo i suoi avversari e quanti, anche nel Pd, spingono per aprire una trattativa con gli scissionisti di Mdp (quotata sotto la soglia di sbarramento). Un'opzione che nessuno al Nazareno considera realistica. Tanto che nei sondaggi promossi dal Pd, la coalizione che si fa testare prevede come alleati solo Campo progressista di Pisapia e i centristi di Ap: niente Mdp. Del resto, Matteo Orfini lo dice abbastanza chiaramente: «Non vogliamo coalizioni a ogni costo, non bisogna ricadere negli errori del passato con coalizioni solo per vincere, bisogna avere omogeneità».

A sinistra del Pd c'è grande agitazione. Pietro Grasso tesse la tela del partitino di sinistra di cui vorrebbe fare il leader e in questi giorni, nel suo studio di presidente del Senato, sta svolgendo vere e proprie consultazioni ombra, ricevendo i capibastone delle mille mini sigle della sinistra anti Pd: da Pippo Civati (Possibile) a Ciccio Ferrara (Campo progressista) a Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). E persino il dinamico duo in cerca di poltrona Montanari-Falcone, animatori dell'assemblea del Brancaccio in cui Pisapia venne furiosamente fischiato. Anche Gianni Cuperlo ieri è andato a Palazzo Madama, in pellegrinaggio. Obiettivo, come ha spiegato Grasso ai suoi interlocutori, «fare un nuovo centrosinistra, purché contro il Pd».

Ma l'eventuale leadership del presidente del Senato non convince tutti, in quell'aerea: «Non vogliamo finire nelle braccia di D'Alema. Grasso? No comment», dice a denti stretti un esponente della sinistra vicina a Pisapia. A far storcere il naso a molti è anche il passato del presidente del Senato, giudicato troppo poco ostile a Silvio Berlusconi. Tanto che, durante la campagna elettorale in Sicilia (dove Grasso appoggiava lo sfortunato Claudio Fava) a sinistra è scoppiato un piccolo scandalo quando, per annunciare l'arrivo di Berlusconi nell'isola, Forza Italia ha usato come testimonial sui social proprio Pietro Grasso, mettendo sotto il simbolo del partito la frase che l'ex procuratore Antimafia (nominato proprio da quel governo nel 2005) aveva pronunciato nel 2012: «Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia». Aggiungendo poi che il Cavaliere aveva «introdotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi: siamo arrivati a quaranta miliardi di euro».

Un riconoscimento che allora suscitò alti lai nella sinistra antiberlusconiana, e che ora è riemerso nella campagna elettorale. Del resto, dice il vice capogruppo di Fi Maurizio Gasparri, «abbiamo sempre considerato Grasso un ottimo magistrato: non a caso fu il nostro governo a volerlo alla Procura Antimafia, e ha sempre avuto ottimi rapporti con Berlusconi, tanto da lodarlo con entusiasmo per la nostra opera antimafia».

L'unico momento di disaccordo, ricorda, fu «quando sulla ingiusta decadenza di Berlusconi dal Senato diede sul voto segreto una interpretazione che non abbiamo condiviso». Elogi che naturalmente scatenano forti mal di pancia a sinistra.

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