
Un altro video "virale", che smaschera l'estremismo dei boicottatori di Israele. Al centro, ancora, l'azienda farmaceutica israeliana Teva, che produce anche diversi prodotti salvavita e antitumorali, da mesi nel mirino di un movimento di ostracismo e boicottaggio contro lo Stato ebraico, che non è una critica al governo ma si estende alle imprese, perfino quelle di un settore così delicato come il farmaceutico. Il palcoscenico è Tik Tok, lo scenario è un ambulatorio pubblico in Toscana, le protagoniste sono un'infermiera e una dottoressa. Sorridono, filmano, quindi buttano nel cestino sotto la scrivania dei farmaci di Teva. Il tutto per protestare contro il "genocidio" a Gaza. "Non è uno scherzo. È una messinscena consapevole, fatta dentro una struttura sanitaria pubblica, da chi dovrebbe curare, non fare propaganda", è il commento della pagina Free4Future, che ha diffuso il filmato. In effetti le due autrici della piazzata a beneficio dei social lavorano alla Casa della Salute del Comune di Pratovecchio Stia, provincia di Arezzo, una struttura ambulatoriale pubblica della Regione Toscana. Le stesse professioniste, Rita Segantini e Giulia Checcacci, tentano di spegnere le polemiche registrando un nuovo video, stavolta di scuse. "Faceva parte di una campagna più ampia", provano a giustificarsi le due. Poi mostrano le confezioni: "I farmaci che sono stati gettati sono qui con noi in realtà, sono campioni gratuiti non acquistati con soldi pubblici, integratori di sodio e potassio e salviette che non butteremmo mai via". Se la cavano parlando di "un gesto simbolico volto alla pace". "Non volevamo offendere nessuno", insistono. Poi chiedono scusa. Dietrofront che arriva dopo che le associazioni e la politica avevano chiesto di prendere provvedimenti. "Ci auguriamo che l'Asl e le autorità preposte chiariscano l'accaduto", aveva detto la vice segretaria di Forza Italia Deborah Bergamini. Aveva parlato di "un gesto tanto folle quanto molto grave" la consigliera regionale toscana di Fratelli d'Italia Elisa Tozzi. Reagisce l'Associazione Medica ebraica, che stigmatizza il gesto "particolarmente grave, perché i farmaci non devono essere strumenti di polemica politica o ideologica".
Un episodio che arriva dopo la decisione del comune di Barberino Tavarnelle, sempre in Toscana, dove la giunta di centrosinistra guidata dal sindaco David Baroncelli, ha approvato una delibera che impegna le
farmacie comunali a non vendere più farmaci israeliani. Una decisione simile a quella presa dal Comune di Sesto Fiorentino, sempre a guida progressista, che a fine giugno aveva bandito i farmaci prodotti da aziende di Israele.