Il recente assalto ai tre furgoni portavalori sull'autostrada nei pressi di Lodi? «Sono quelli di Cerignola» la convinzione degli inquirenti. L'azione da commando per espugnare un caveau a Foggia sventata dall'intervento di una volante? «Sono quelli di Cerignola» l'allarmante relazione firmata dal questore del capoluogo dauno Piernicola Silvis dinanzi alla commissione parlamentare. E il tentativo di un anno fa, realizzato in autostrada, questa volta a Vasto? «Sempre loro» la conclusione di polizia e carabinieri riusciti ad arrestare un paio di rapinatori. Tre azioni in autentico stile militare, tutte scandite dalle stesse modalità, una sorta di firma in calce: un nutrito numero di componenti della banda, utilizzo di Tir, auto rubate e incendiate per bloccare il traffico, fuoco a volontà con armi da guerra, schieramento di mezzi pesanti, tipo caterpillar per sfondare pareti e casseforti. Tutte le strade della cronaca più nera portano da quelle parti, a Cerignola, un agro sterminato composto da secolari uliveti, un tempo ricordata per aver accolto Pietro Mascagni nel suo teatro Mercadante dove compose la Cavalleria rusticana. Chissà se sarebbe stato fiero di questi improbabili eredi Nicola Morra, anche lui di Cerignola, vissuto tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del XIX secolo, esponente dalla borghesia cittadina che si fece bandito-gentiluomo per sfuggire alla prigione (uccise un rivale in duello) e morì in carcere a Firenze dopo un paio di funamboliche evasioni. Si nascondeva nelle campagne intorno a Cerignola, trascorreva le notti nelle masserie i cui fattori segnalavano la disponibilità a ospitarlo mettendo un lumino dietro la finestra, il pistolone nascosto sotto la palandrana nera serviva più a intimorire che a far fuoco. Al netto delle leggende paesane, divenne una sorta di eroe perché, scortato dal fido Buchicchio, fu capace di intimidire i padroni terrieri che maltrattavano i contadini. Di quello stesso sentimento, subito dopo la seconda guerra mondiale, si nutrì un ragazzo semi-analfabeta diventato poi il paladino della lotta dei braccianti, Giuseppe Di Vittorio, il primo capo carismatico della Cgil. Per lui, solo per lui, tutta Cerignola, un paesone da 60 mila abitanti, divenne il feudo inespugnabile del partito comunista nella Puglia democristiana di Aldo Moro.
Per liberarsi da quella dittatura, una sorta di rivolta intellettuale, nei primi anni Sessanta, un altro cerignolano doc, figlio di un commerciante di scarpe, Giuseppe Tatarella impugnò la fiammella del Msi e la tenne viva fino a diventare ministro nel primo governo Berlusconi post tangentopoli. Di questa Cerignola, sanguigna e coraggiosa, si è adesso perso la memoria oltre che la traccia.E sono rimaste solo le cronache degli assalti banditeschi, purtroppo.
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