Attenti a dare per finita Angela Merkel. È vero che la Cancelliera par excellence ha dovuto molto concedere ai socialdemocratici e anche ai fratelli-coltelli bavaresi della Csu per mantenere la poltrona in vista di un quarto mandato, ma alcuni segnali sembrano indicare che Angela IV potrebbe riuscire ancora una volta a tenere nelle sue esperte mani le redini della Germania.
Anzitutto l'inconfondibile senso di pragmaticità dell'accordo con la Spd, che la espone sì a critiche interne al suo partito per concessioni troppo dolorose, ma che ha portato alle Finanze posto del giubilato Wolfgang Schäuble, guardiano dell'austerità made in Germany, l'esponente socialista più disposto al compromesso, l'ormai ex sindaco di Amburgo Olaf Scholz che fu braccio destro del centrista Gerhard Schröder ai tempi dell'«Agenda 2010» che rilanciò la Germania. L'intesa con Scholz sarà un punto cardine del futuro governo tedesco: è un uomo delle istituzioni almeno quanto la Merkel, un uomo che in contrapposizione al segretario Martin Schulz ha sostenuto dopo la sconfitta elettorale la prospettiva della Grosse Koalition. Con la Merkel Scholz ha buoni rapporti e un debito di riconoscenza anche perché l'anno scorso la Cancelliera assegnò ad Amburgo il vertice G20, concedendo a un esponente Spd una prestigiosa vetrina internazionale.
Poi pesa il fatto che seppure a caro prezzo Angela Merkel ha mantenuto il posto di Cancelliera, mentre Martin Schulz perde il controllo del suo partito. Quest'ultimo è stato ceduto ad Andrea Nahles, pasionaria della sinistra interna che si è però spesa con efficacia per far passare all'interno del partito la linea del sì al compromesso con la Cdu. Sarà interessante vedere se l'abbraccio con la Merkel si rivelerà quasi fatale come avvenne nella scorsa legislatura, il cui esito elettorale per la socialdemocrazia fu una batosta storica nello scorso settembre.
L'altro aspetto importante è quello del rapporto della Germania con l'Europa. L'intesa di grande coalizione significa un sospiro di sollievo per quanti confidano in un'azione riformista e nel rafforzamento dell'eurozona. Sarà interessante vedere se peseranno di più le parole di Schulz sulla «svolta solidale in Europa» o lo slancio riformista del suo quasi omonimo Scholz. Decisiva sarà la definizione del rapporto con il principale fautore delle riforme europee, quel presidente francese Emmanuel Macron che tanto conta sulla Merkel per passare dalle parole ai fatti. Qui potrebbe e dovrebbe svolgere un ruolo anche il nostro Paese, sperando che un eventuale esito inconcludente delle elezioni del 4 marzo non ci releghi in una posizione troppo debole.
La data del 4 marzo nasconde però un rischio soprattutto per la Germania: quel giorno si dovrebbe conoscere l'esito dell'ormai fatidico referendum tra gli iscritti della Spd. Nelle mani dei 463.732 titolari della tessera socialdemocratica (dati aggiornati) c'è non solo il destino del governo del loro Paese, ma anche quello della tenuta dell'Unione Europea.
Ma non è tutto: in caso di bocciatura dell'intesa di grande coalizione, naturalmente, un terremoto politico di inusitata potenza travolgerebbe i tessitori della tela e la loro faticosa costruzione. La Germania ricadrebbe nel caos politico, con il presidente Steinmeier costretto dalla Costituzione a chiedere alla Merkel di trovare un'improbabile nuova maggioranza o di guidare un governo di minoranza.
Sarebbe davvero ironico se gli sforzi acrobatici di Angela Merkel, democristiana maestra di compromessi e gradualismi, venissero vanificati a un passo dal traguardo del quarto stabile cancellierato dai suoi peggiori avversari ideologici: i tifosi del «tanto peggio tanto meglio».
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