Non si era mai visto un sindaco che si lamentasse con prefetto e questore perché in un'operazione di polizia gli hanno sgomberato la stazione da spacciatori, taglieggiatori, borseggiatori, pregiudicati per rapina e violenza sessuale e potenziali terroristi. O comunque, bene che vada, alcolizzati e presenze poco rassicuranti. Succede a Milano dove Giuseppe Sala se l'è presa non poco dopo il blitz, o la «retata» come l'hanno definita in senso dispregiativo i suoi compagni (è proprio il caso di dirlo) in giunta. All'inizio sembrava soltanto un'irritazione dovuta alla poca abitudine a essere scavalcato di un manager di rango, quale Sala ha dimostrato di essere nelle sue precedenti esperienze lavorative. Un'inquietudine che si sarebbe rapidamente diradata non appena informato dei dati che testimoniavano il successo non solo mediatico dell'intervento.
E, invece, a leggere i giornali del giorno dopo si è subito capito che non sarebbe andata così. «Siamo stati avvisati all'ultimo momento», ha spiegato piuttosto piccato. «Iniziative del genere devono essere concordate e gestite assieme», ha mandato a dire con modalità non troppo urbane via quotidiani e televisioni al neo prefetto Luciana Lamorgese e al questore Marcello Cardona che avevano architettato il blitz probabilmente pensando di fare cosa gradita a lui e soprattutto al ministro dell'Interno Marco Minniti che è stato a Milano qualche giorno fa e che in città ritornerà mercoledì al Comitato per l'ordine e la sicurezza durante il quale Sala ha fatto intendere di volergli rivolgere tutte le sue rimostranze. Rimostranze difficilmente comprensibili per i comuni mortali dopo che la questura ha comunicato l'espulsione di dodici immigrati «per ragioni di pubblica sicurezza». Gente già condannata per reati gravi tipo violenza sessuale, rapina o lo spaccio e che bivaccava tranquillamente sulle panchine tra famiglie in partenza e pendolari in attesa del treno. Per altri quattordici extracomunitari c'è stata la necessità di ulteriori controlli e il trasferimento nei centri di permanenza temporanea.
Ma siccome a tutto c'è una spiegazione, anche l'apparentemente incomprensibile comportamento del sindaco di Milano può essere decifrato. Perché a spingerlo ad attaccare prefetto e questore è stata l'ala più estrema del Pd e soprattutto la sinistra-sinistra dei cui voti Sala ha avuto bisogno per vincere le elezioni. E che adesso, come prevedibile, gli presenta il conto. Non a caso il primo a lamentarsi è stato l'assessore Pd Pierfrancesco Majorino. «Vedremo quelli che saranno i risultati effettivi di un'operazione simile. L'accertamento delle condizioni e dello status dei richiedenti asilo deve accompagnarsi, sempre, con il rispetto dei diritti umani». Per il consigliere di Sinistra X Milano Paolo Limonta «la nostra città non è quella che si è vista in Stazione Centrale e che sbandiera la potenza delle forze dell'ordine, forte con i deboli e debole con i forti».
Chiara la linea e immediato l'adeguarsi di Sala. Una bella lezione per la buona borghesia milanese e i moderati che nella candidatura dell'ottimo manager in grandi colossi privati ed esperienza da direttore generale nell'amministrazione di Letizia Moratti si erano sentiti tranquillizzati. E, invece, i primi mesi di amministrazione hanno visto una barra del timone ben più a sinistra di un sindaco come Giuliano Pisapia dichiaratamente ultra rosso, ma dotato del carisma (e soprattutto delle truppe) sufficienti a garantirgli un'effettiva indipendenza dai partiti.
Mai Milano in settant'anni aveva negato il ricordo del sangue dei vinti e l'omaggio ai morti della guerra civile caduti con la divisa della Repubblica sociale italiana e con Sala è successo. Mai Milano si era lamentata per un'operazione di polizia che toglieva delinquenti e balordi dalle strade. E anche questo tocca vedere con Sala sindaco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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