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Ora tutti scoprono che la legge non funziona. Si svegliano il Pd e il commissario Cantone

Il ministro dell'Interno Alfano e il presidente del Senato Grasso già schierati per cambiare. Tra i revisionisti si iscrive Bersani. E anche il presidente dell'Anticorruzione è favorevole

Ora tutti scoprono che la legge non funziona. Si svegliano il Pd e il commissario Cantone

Roma - Da destra a sinistra continua a infoltirsi il drappello dei critici alla legge Severino, la norma anticorruzione nata durante il gabinetto tecnico di Mario Monti. Già il ministro Angelino Alfano pochi giorni fa ha suggerito che la legge deve essere corretta. Stessa opinione l'ha espressa il presidente del Senato Piero Grasso nel corso di una recente intervista alla Stampa . Le bocciature sulla norma espresse dal sindaco di Napoli e dal neo-governatore Vincenzo De Luca erano ampiamente previdibili. Meno prevedibili le reprimende avanzate da Pier Luigi Bersani e Davide Zoggia del Pd. E l'ultima voce critica, quella di Raffaele Cantone, sembra mettere una sorta di pietra tombale alla Severino. Il presidente dell'Autorità anticorruzione ha ovviamente voce in capitolo e questa stessa voce è risuonata sicura e inflessibile nientemeno che a Montecitorio.

Nella prima relazione annuale sul monitoraggio di oltre 1.300 amministrazioni pubbliche si parla di «piani anticorruzione ancora deboli», benché adottati dal 90% degli enti, perché considerati «insufficienti» per «metodo, sostenibilità ed efficacia». Insomma per il presidente dell'Autorità anticorruzione la legge Severino deve essere corretta con «interventi normativi» che rendano più efficace la prevenzione alla corruzione. Cantone parla di «un risultato in chiaroscuro» di questo primo monitoraggio. E cita alcuni esempi come: la rotazione dei dipendenti pubblici, metodo a più riprese chiesto dallo stesso Cantone ma attuato soltanto dal 40 per cento delle amministrazioni; e il cosiddetto whistleblowing (il meccanismo cioè con cui il lavoratore può denunciare, sotto tutela, potenziali illeciti o irregolarità) per il quale il 30% delle amministrazioni non ha predisposto niente e che ha registrato in totale soltanto 90 segnalazioni in un anno.

Mentre Cantone espone il frutto della sua indagine nella sala della Regina a Montecitorio, a Napoli il tribunale accoglie il ricorso di Vincenzo De Luca, che per ora può governare la regione Campania e non incappa nei vincoli della sospensione previsti appunto dalla legge Severino. Inevitabile, quindi, per lo stesso Cantone tornare su quella norma, che prende ampia parte dell'intervento del presidente dell'Autorità anticorruzione. Ma non è la sospensione il vero nucleo del suo ragionamento. «Le modifiche necessarie non sono tanto su questo, ma su altri aspetti», spiega. Anzi, il principio che sorregge questo nuovo istituto è valido e «utile»: semmai «sarà la Corte Costituzionale a definire gli ambiti in cui si applica». Non a caso «l'Autorità ha chiesto alla presidenza del Consiglio di costituirsi in quel giudizio a difesa della sospensione». La questione si definirà in ottobre.

Ma, messa da parte la vicenda De Luca, la legge Severino nel suo complesso, insieme ai decreti attuativi, pur rappresentando uno strumento centrale di prevenzione, ha bisogno di una revisione legislativa.

Gli obblighi sulla trasparenza - annota infatti Cantone nella relazione - vanno semplificati, vanno bilanciate le esigenze di riservatezza con quelle di accesso ai dati, ma soprattutto l'Autorità ha bisogno di maggiori «poteri sanzionatori», perché «l'assenza di conseguenze punitive rende meno efficace il controllo».

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