Roma - «Ma cosa c'entrano i principi della Costituzione e dell'antifascismo con l'aggressione brutale ad un carabiniere che era caduto a terra?». Il ministro dell'Interno Marco Minniti, e con lui il Pd, prendono con durezza le distanze dall'episodio di violenza avvenuto durante la manifestazione di sabato a Piacenza. «Noi, che siamo orgogliosamente antifascisti, diciamo con forza e determinazione che chi durante una manifestazione picchia un carabiniere non è un antifascista, ma un criminale», incalza Matteo Renzi, che ieri ha voluto il titolare del Viminale al suo fianco in una serie di manifestazioni nel suo collegio di Firenze.
Nel pomeriggio, poi, il ministro si è recato in visita allo stesso militare, che sabato è stato circondato e preso a pugni e calci mentre era a terra dai manifestanti «antagonisti» di Piacenza, e che ora si ritrova con una spalla fratturata mentre altri quattro suoi colleghi sono stati feriti in modo lieve.
Sono state giornate complicate per il Pd e il suo leader, che dopo i fatti di Macerata (dove Minniti ha con un blitz cambiato il questore, dopo le falle nella gestione dell'ordine pubblico) si è ritrovato strattonato da destra su immigrazione e sicurezza e accusato da sinistra di basso tasso di antifascismo per la mancata adesione ufficiale alla manifestazione di sabato. Renzi risponde, per rassicurare l'elettorato più moderato preoccupato dall'esplodere delle tensioni, chiamando a Firenze Minniti, il ministro accusato da sinistra di pugno troppo duro sull'immigrazione per quegli accordi con la Libia che hanno drasticamente ridotto i flussi: «Bisogna separare le questioni di immigrazione e sicurezza dall'emergenza - spiega il ministro - Emergenza vuol dire mettere una toppa, rincorrere un problema. Immigrazione e sicurezza sono due questioni strutturali. E la vera sfida è governare queste questioni, non rincorrerle», aggiunge, rivendicando i risultati ottenuti: «C'è chi rincorre le emergenze e promette di fare questo e quello. Noi siamo nella condizione felice di poterci presentare, dopo cinque anni di governo, dicendo: vi stiamo consegnando un paese migliore di quello che avevamo trovato».
Al contempo, Renzi attacca i critici di sinistra: «Perfino su Macerata qualcuno ha avuto il coraggio di dire che il problema è il Pd, quando a Macerata hanno sparato, guarda caso, proprio contro la sede del Pd», dice, e nelle sue parole traspare un indiretto riferimento all'editoriale con cui Ezio Mauro, su Repubblica, aveva polemizzato con il Pd per le risposte troppo «caute» dopo la sparatoria, beccandosi il duro sms di replica del leader dem raccontato domenica dal Giornale.
Quello stesso giorno, il Pd ha provato a scrollarsi di dosso le critiche annunciando, con il vicesegretario Maurizio Martina, che giovedì «tutta la squadra Pd», Renzi in testa, sarà sul luogo del massacro nazista di Sant'Anna di Stazzema a firmare «l'anagrafe antifascista derisa in queste ore da Salvini e a prendere ancora l'impegno solenne di combattere ogni giorno contro neofascismo, xenofobia e violenza».
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