Per il movimento sportivo siriano Abdel Baset Al Sarout può essere paragonato a Buffon per l'Italia o a Casillas per la Spagna. L'altra notte è morto in seguito alle ferite riportate in combattimento, perché dal 2011 aveva deciso di abbandonare l'attività agonistica per entrare in clandestinità e combattere contro il regime di Assad a fianco dei miliziani di Jaysh al-Izza, cellula dell'Esercito siriano libero. Tra i primi atleti a voltare le spalle al dittatore quando scoppiò la rivolta, Al Sarout è stato colpito giovedì sera nelle campagne della provincia di Hama, nella Siria centrale, durante gli scontri con le forze governative. Trasportato d'urgenza in Turchia, è deceduto sabato mattina all'ospedale di Gaziantep. Da calciatore aveva speso tutta la sua carriera nell'Al Karamah di Homs, conquistando due scudetti. Aveva inoltre vestito in svariate occasioni la maglia della nazionale prendendo il posto di un'altra icona del calcio siriano, Mosab Balhous. Il suo dissenso nei confronti di Assad era maturato mentre ancora giocava a pallone. Si era reso protagonista dell'incisione di alcuni brani anti-regime trasmessi sui principali social e intonati nelle strade di Homs durante le manifestazioni anti-governative. Nei video appariva spesso in coppia con un altro simbolo dei rivoltosi, l'attrice Fadwa Sulayman, voce ribelle della comunità alawita del presidente Assad, morta di cancro due anni fa in esilio in Francia.
Quando le proteste si tramutarono in un conflitto Al Sarout non esitò a unirsi ai ribelli diventando anche il comandante di un drappello. Nella guerra in Siria, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, aveva già perso quattro fratelli e il padre, rimanendo ferito in modo non grave in almeno tre scontri a fuoco. Al Sarout è stato davvero un'icona della rivoluzione tanto che il regista Talal Derki decise di raccontare la sua storia a cavallo tra sport, protesta e battaglia armata nella pellicola Ritorno a Homs.
Nel documentario del 2014, presentato anche al Sundance Festival, l'ex portiere della nazionale aveva confessato di essere stato a un passo dallo schierarsi al fianco dell'Isis, considerando i tagliagole di Al Baghdadi «l'unica forza abbastanza preparata a rovesciare Assad», ma all'ultimo ebbe un ripensamento.
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