Viene paura solo a leggere il nome: Butyrka. L'inferno in terra, lo chiamano i russi per definire le proporzioni dell'orrore, chiude i battenti. Mosca è pronta a chiudere un capitolo dolorosissimo quanto oscuro fatto di torture e morte. Una delle più famose e terrificanti prigioni della Russia, che nel corso degli anni ha ospitato detenuti tra cui il nipote di Adolf Hitler e lo scrittore Alexander Solzhenitsyn. L'imponente prigione di mattoni rossi nel centro di Mosca, ora funge da centro di detenzione preprocessuale che ospita circa 2.000 detenuti. L'avvocato Whistleblowing Sergei Magnitsky ha passato quasi un anno in prigione prima di morire nel 2009. Ora, Valery Maksimenko, vicedirettore del servizio carcerario russo, ha dichiarato che sarebbe ormai tutto deciso, il carcere pronto ormai a chiudere, i detenuti trasferiti in una nuova struttura fuori, in periferia, e gli edifici consegnati alle autorità municipali. Eppure in molti rimangono scettici sul destino di una delle prigioni più temute e leggendarie del pianeta. Già altre volte si erano fatti annunci di chiusura, che poi non sono stati rispettati sul destino di Butyrka, la più grande prigione di transito di Mosca, nota per la sua brutalità che attualmente è afflitta da un enorme problema di sovraffollamento e che in estate si trasforma in un forno con il dilagare di malattie come Aids e tubercolosi. Il primo riferimento alla prigione di Butyrka risale al XVII secolo. La struttura venne eretta nel 1771 durante il regno di Caterina II di Russia come caserma per una guarnigione di cosacchi, durante i periodi zaristi ospitò alcuni dei rivoluzionari clandestini che in seguito avrebbero guidato la rivoluzione bolscevica. Qui, nel 1909, il giovane rivoluzionario Vladimir Majakovskij fu incarcerato e cominciò a scrivere versi per la prima volta. In seguito sarebbe diventato uno dei poeti russi più noti.
Dopo il 1917, il regime comunista usò la prigione fortezza di Butyrka per riempirla di prigionieri durante le purghe di Stalin negli anni '30. «Una moltitudine di urla e gemiti provenienti da esseri umani torturati scoppia simultaneamente attraverso le finestre aperte della nostra cella», ha ricordato la scrittrice Evgenia Ginzburg, che fu incarcerata a Butyrka nel 1937, al culmine delle epurazioni. «Sopra e attraverso le urla dei torturati, potremmo sentire le urla e le maledizioni dei torturatori».
Passarono di qui altri scrittori famosi incarcerati a Butyrka negli anni '30 e '40, Solzhenitsyn, Varlam Shalamov e Osip Mandel'stam. Tra queste mura trovò la morte anche il nipote di Hitler, Heinrich, catturato dalle forze sovietiche nel 1942 durante l'attacco nazista all'Unione Sovietica. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, la prigione ha continuato a funzionare come centro di detenzione preprocessuale.
Quando il magnate dei media Vladimir Gusinsky è stato arrestato e detenuto per un breve periodo nel 2000, è rimasto così scioccato dalle condizioni che ha pagato con i suoi soldi per riparare il tetto e fornire nuovi letti ai detenuti.
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