L'Italia è uno dei Paesi sismologicamente più attivi del mondo. Motivo per cui i terremoti avvengono con frequenza ed è impossibile prevedere quando avverrà il prossimo. La scienza può solo soffermarsi sulle zone più sensibili, ma non creare i presupposti per sventare pericoli futuri. La zona dove è avvenuto l'ultimo grave episodio sismico rientra in questo quadro.
Cosa sta succedendo sotto i piedi di chi abita fra Lazio, Abruzzo e Marche? L'area è geologicamente giovane; gli Appennini a differenza di molti altri contesti montuosi (comprese le Alpi che hanno cento milioni di anni), sono una catena formatesi di recente e ancora in piena evoluzione. Sotto il corrugamento appenninico risiedono zone di accumulo energetico (faglie) che percorrono quasi tutta l'Italia da Sud a Nord; e soggette a forze che provocano «tira e molla» delle rocce che a lungo andare possono determinare gravi scosse sismiche. L'ultimo episodio desta preoccupazione poiché l'ipocentro (il punto da cui si sprigionano le onde sismiche) è stato registrato fra i 4 e i 10 chilometri di profondità. Davvero un'inezia, se si pensa che alcuni terremoti hanno un ipocentro che raggiunge i 700 chilometri di profondità. Il Centro Italia è una zona sensibile ai terremoti perché gli Appennini stanno diventando «grandi»: «Lo testimoniano i dati satellitari - spiega Giuliano Milana, sismologo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - che mostrano uno spostamento della fascia appenninica e adriatica verso Nord-Est con una velocità di circa 2-3 millimetri l'anno». «Nell'Appennino centro-settentrionale abbiamo terremoti cosiddetti distensivi, ed esempi sono gli eventi di Colfiorito del 26 settembre 1997 e di L'Aquila del 6 aprile 2009. Al contrario, abbiamo terremoti compressivi nella zona marchigiana». È il risultato di uno studio pubblicato su Lithosphere, rivista della Geological Society of America: racconta nei dettagli la dinamica appenninica, soffermandosi sul processo di sollevamento di una parte della catena montuosa, proprio in corrispondenza di Umbria, Marche e Lazio.
Eventi isolati e sporadici? Non proprio. È la risposta a un processo geodinamico più complesso che coinvolge anche Adria. È una piccola placca litosferica confinante con la grande placca africana e con quella euroasiatica. Si è staccata dalla prima nel Cretaceo (da 140 a 70 milioni di anni fa), scontrandosi con la seconda in epoca recente. Così sono nate le Alpi. Si muove verso Nord-Est con una leggera rotazione antioraria ed è un'area geologicamente molto instabile. Ecco perché è continuamente segnata dai terremoti e perché in futuro il mare Adriatico si trasformerà in un lago.
È anche il motivo per cui i terremoti disastrosi in Italia stanno aumentando? Non è così. I terremoti avvengono con una certa periodicità, ma gli episodi sismici non sono in crescita. Le scosse di discreta intensità avvengono in media ogni sei o sette anni, in Italia. Da quasi quarant'anni non avvengono terremoti con un'intensità superiore ai 7 gradi della scala Richter, come quelli che colpirono l'Irpinia (con quasi tremila vittime), Avezzano (32mila), e Messina (82mila).
Il futuro? Non esiste in termini sismologici. Si è provato in tutti i modi a stimare la possibilità di un evento sismico di un certo rilievo; con il radon, i satelliti, lo studio delle scosse premonitrici; ma i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative.
L'unica soluzione per evitare altri disastri come quello generato dall'ultimo terremoto in centro Italia è il potenziamento delle infrastrutture con la messa in sicurezza degli edifici più vecchi e l'utilizzo di strategie antisismiche per quelli di nuova generazione. La stessa potente scossa in luoghi diversi della Terra può determinare un numero grandissimo di vittime, così come nessuna, proprio in base a una oculata scelta architettonica.
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