A Napoli come in Messico In 11 giorni già otto morti

I boss della camorra scatenano un'altra guerra Un commando minaccia con le armi la polizia

A Napoli come in Messico In 11 giorni già otto morti

Giovani o anziani. Al pub o in auto, davanti ai bambini. Per droga o per vecchie storie di vendette e di sangue marcio. I killer della camorra a Napoli hanno ammazzato otto volte in undici giorni. Una media che scaraventa la terza città d'Italia nelle statistiche dell'orrore dei sobborghi polverosi in mano al Califfato o alle umide metropoli messicane contese dai cartelli di narcotrafficanti.

Un'emergenza spalmata sull'intera area metropolitana. Più fronti di guerra invece di un'unica grande faida come accaduto in tempi più o meno recenti.

Un calendario listato a lutto che si apre ad Afragola, dove pochi giorni fa è stata inaugurata l'avveniristica stazione delle Fs disegnata dall'archistar Zaha Hadid e costata 60 milioni di euro. A morire è un ex assessore del Psdi degli anni Ottanta. Salvatore Caputo, 72 anni: un impero nell'edilizia e una vicinanza, troppo esibita, col potente clan Moccia. La mattanza prosegue la notte tra il 26 e il 27 maggio a Miano dove zio e nipote omonimi entrambi si chiamano Carlo Nappello vengono freddati con venti colpi di pistola a Miano, feudo del gruppo Lo Russo. Il giorno dopo, un killer entra in un pub della Riviera di Chiaia, la zona chic della città. Si avvicina al bancone e pianta tre proiettili nella testa di un cliente. Il 29enne Carmine Picale muore come con la faccia sul tavolino. Poche ore dopo, a Giugliano, padre e figlio vengono abbattuti mentre giocano ai videopoker in una bettola. Vincenzo ed Emanuele Staterini non si accorgono nemmeno dell'arrivo di un sicario col casco in testa. Nel frattempo, nel rione Sanità, tre «stese» seminano il panico tra la gente. Più di cinquanta colpi di pistola vengono esplosi per tre notti consecutive nei vicoli dov'è nato Totò. Torniamo ad Afragola, sabato 3 giugno: Remigio Sciarra è in auto con moglie, figlio di undici anni e il suo amichetto. Un assassino si affianca al lato guidatore e spara a bruciapelo tre colpi. Lui fulminato, la consorte ferita di striscio. I bambini sotto choc.

Martedì scorso, a Torre Annunziata, tocca ad Alberto Benvenuto Musto. La polverina bianca è all'origine di quasi tutti gli scontri tra bande armate, oggi. Questo accade mentre carabinieri e polizia passano al setaccio il Centro storico. In un appartamento disabitato di Via Santa Maria Antesaecula, gli uomini della Questura hanno ritrovato giubbotti antiproiettile, pistole e un fucile. E, nel corso di un controllo notturno, un'auto delle forze dell'ordine si è vista puntare contro un revolver da un commando di killer. Un confine sottilissimo, quello tra il bene e il male. L'altro ieri sono stati arrestati due finanzieri affiliati al clan Di Lauro, quello fondato e capeggiato dal padrino Ciruzzo 'o milionario. Uno dei due Claudio Auricchio, già sospeso dal servizio; l'altro è Giacomo Baldazzi si prestò a fare da esca per un omicidio, raccontano i pentiti.

Accompagnati da due killer della cosca travestiti da colleghi delle Fiamme gialle, Auricchio si presentò a casa della vittima annunciandole un controllo a sorpresa in caserma. Il dialetto marcato e le facce non raccomandabili dei complici però misero in allarme la moglie dell'uomo che li fece fuggire urlando. Il coraggio della disperazione.

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