
A leggere le cronache della vigilia dell'incontro di Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin c'è un embrione di novità tra i tanti veti che accompagnano la questione che sta più a cuore all'Ucraina, cioè quella della sua sicurezza o meglio delle garanzie che dovrebbero impedire, nel caso si arrivasse a una tregua, che lo Zar torni ad aggredire Kiev tra qualche anno: Washington (ma esperienza insegna che con Trump nulla è sicuro) accetterebbe l'idea di un contingente militare fornito dai cosiddetti paesi volenterosi che avrebbe pure l'appoggio logistico, tecnico e militare degli Stati Uniti. Verrebbe schierato un apparato militare da quelle nazioni (dall'Inghilterra alla Francia, ad altri e bisognerà di vedere il livello di coinvolgimento di Germania e Italia) che si sentono in dovere di salvaguardare la pace in questo pezzo d'Europa in stretto rapporto con gli Stati Uniti. Di fatto, con le dovute differenze, un'organizzazione del genere somiglierebbe ad una Nato, una Nato in formato ridotto. A scorrere i nomi delle capitali coinvolte per l'80% si tratterebbe dei paesi che diedero vita il 4 aprile del 1949 al Patto Atlantico (la Germania occupata dagli alleati e senza un governo aderì sei anni dopo).
La ragione per cui è nata l'idea dei "volenterosi" è che la Nato di oggi stenta a muoversi. Troppi Paesi, spesso con politiche e alleanze unilaterali diverse, rendono l'organizzazione farraginosa e lenta. È difficile immaginare in questa situazione un pronto intervento a scopi di "dissuasione". Per non parlare della politica dei "veti": a parte l'ostilità di Putin chi ha detto che l'Ungheria di Orban o la Turchia di Erdogan, siglata la pace tra Kiev e Mosca, accetterebbero l'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza?
Mettere in piedi una Nato in formato ridotto o, per usare un'espressione più in voga, dar vita alla gamba europea dell'Alleanza potrebbe ovviare a tutti questi limiti specie se il formato nascesse d'intesa con gli Stati Uniti. Sarebbe una strada più semplice e quasi obbligata se si vuole andare incontro alle esigenze di sicurezza dell'Ucraina (l'inefficacia dei due accordi di Minsk ancora aleggia nell'aria). Del resto con espressioni e nominalismi diversi tutte le ipotesi prospettate in questi mesi per salvaguardare Kiev vanno in questa direzione. A cominciare dall'idea avanzata dal governo italiano, cioè un accordo militare con le sue regole i suoi automatismi che dovrebbe garantire Kiev in caso di aggressione. Meccanismi molto simili a quelli della Nato. Appunto, un surrogato dell'Alleanza.
La verità è che il mutare degli eventi a livello globale si è fatto troppo veloce e organizzazioni mastodontiche - l'Onu ne è l'esempio più lampante - stentano a tenere il passo degli avvenimenti. Tutto si muove troppo in fretta specie se te la devi vedere con delle autocrazie in cui decide uno solo. Ecco perché sono più efficienti alleanze più piccole che riuniscano paesi che abbiano politiche simili e che custodiscono gli stessi valori. In fondo quello che sta avvenendo in Ucraina è la presa d'atto della nuova condizione del mondo.
Un discorso che potrebbe essere applicato anche all'Europa. Vale la pena mantenere in piedi un'Unione che tiene insieme 27 paesi e 9 volte su dieci è bloccato dalla politica dei veti. Non sarebbe meglio anche qui tornare al nocciolo dei paesi fondatori e a chi ci vuole starci davvero, rispettando diritti e oneri, per contare di più a livello globale. In fondo non è detto che un'Europa più grande sia più potente di un'Europa più piccola ma più coesa.
È una vita che si parla di un'Europa a due velocità. Concetto che potrebbe essere applicato anche all'Alleanza. Tanto come recita una frase attribuita forse erroneamente a Napoleone e a De Gaulle: "l'intendance suivra". Gli altri paesi seguiranno.