Ma negli Usa i colossi controllano 40mila ripetitori

E nel resto d'Europa i broadcaster si occupano anche di telefonia mobile

Come è il business delle torri di trasmissione televisive all'estero? Molto diverso rispetto all'Italia. I giganti del settore sono società statunitensi, Crown Castle con 40mila torri e American Tower con 30mila. Entrambe però non si occupano della trasmissione del segnale tv ma di telecomunicazioni. Possiedeno torri di trasmissione del segnale delle reti mobili. Per la tv negli Usa le famiglie usano il cavo. La rete in fibra è ovunque: il 90% delle prime 20 reti televisive può contare su un'audience potenziale di oltre 90 milioni di famiglie dato che il 95% delle case è cablata. Lo stesso vale in parecchi paesi europei come la Germania, il Belgio e l'Olanda dove la tv via cavo è molto sviluppata. In Italia invece il cavo, ossia la rete in fibra ottica che permette la tramissione televisiva non ha mai preso piede e copre solo circa l'1% della popolazione. Ecco perché, per la trasmissione del segnale televisivo, si usano le frequenze via etere che fino a pochi anni fa erano analogiche mentre oggi sono digitali e dunque permettono di trasmettere molti più canali su una sola frequenza. Una rivoluzione questa che ha portato in Borsa prima Ei Towers e poi Rai Way, società che hanno un business molto simile. Ed è per questo che l'integrazione ha un senso industriale forte anche in previsione dello sviluppo futuro della rete in fibra ottica che anche in Italia sta cominciando il suo cammino. Dopo il fallimento del progetto Socrate tentato da Telecom nei lontani anni '90 ora c'è un nuovo tentativo di realizzazione di una rete in fibra dove il governo punta a vedere aggregati Telecom e i suoi principali concorrenti (Vodafone, Wind e Fastweb) in Metroweb che ha già una rete in fibra ottica ma solo a Milano e in piccola parte a Bologna. Ma anche questo progetto stenta a decollare. Non c'è dubbio però che, anche se a piccoli passi, alla fine la rete in fibra ottica, costosissima da realizzare, si parla di 15 miliardi di euro, arriverà. E quindi l'unione tra Ei Towers e Rai Way, che in pratica fanno la stessa cosa, è una mossa corretta anche in previsione di un mercato più articolato di offerta televisiva che non sarà più solo via etere ma anche via cavo. Quanto all'Antitrust c'è da rimarcare che già nel 2011 quando nacque Ei Towers, dall'integrazione tra Elettronica Industriale (gruppo Mediaset) e la Dmt di Alessandro Falciai, si stabilì che Rai Way opera principalmente al servizio della Rai e in misura «del tutto limitata» al servizio di operatori terzi. Proprio per questo, aveva detto l'Authority, «non rappresenta un concorrente di rilievo» per Ei Towers. Dal 2011 al 2014, l'ammontare dei ricavi Rai Way derivanti da clienti terzi (cioè non Rai) non è molto cambiata, aggirandosi sempre intorno 25-30 milioni, in buona parte relativa a contratti legati alle telecomunicazioni dato che già oggi alcuni operatori mobili trovano spazio, per le loro infrastrutture trasmissive, presso le strutture di Rai Way.

Ed è verso le tlc che potrebbe trovare spazio la prossima crescita di Ei Towers, quando Telecom metterà sul mercato le sue torri di trasmissione.

Tanto per evitare che altre infrastrutture importanti possano trovare la via dell'estero, comprate da qualche colosso internazionale e non da un campione italiano del settore.

Crown Castle, la maggiore società di torri del mondo, ne gestisce 40mila. Un numero molto superiore a quanto potrà produrre l'unione Ei Towers (3.200 torri)-Raiway (1.800)

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