Nizza, la polizia accusa: «Pressioni per mentire»

I responsabili della sicurezza contro il governo: «Volevano rapporti taroccati». E Parigi querela

Stefano Zurlo

Il peggio del peggio. Approssimazione. Superficialità. Sciatteria. E adesso Nizza contro Parigi e la capitale in rotta di collisione con la Costa Azzurra. Si era capito da un pezzo che la sera del 14 luglio la sicurezza sul lungomare della città francese non era stata garantita in modo adeguato, ma ora volano gli stracci e il quadro che emerge dalle polemiche furiose, con denunce e controdenunce sull'orlo di una crisi di nervi, è desolante. Di più: qualcosa di indecoroso perché mette a nudo la fragilità e la poca trasparenza delle istituzioni che evidentemente non hanno imparato nulla dalla strage del Bataclan e da tutto quello che è successo in questi mesi in Europa. E che anzi provano goffamente a mettere una pezza sul disastro avvenuto, innescando nuovi sospetti e altre scintille.

Dunque, Sandra Bertin, agente di polizia ma soprattutto responsabile della video sorveglianza nella capitale delle vacanze, concede un'intervista dai toni durissimi al Journal du Dimanche. E parla senza mezzi termini di pressioni subite da parte del ministero dell'Interno per mettere in evidenza la presenza di agenti della polizia nazionale nei luoghi del massacro. Il problema è che quegli agenti non c'erano oppure, per dirla con un eufemismo, non sono inquadrati dalle telecamere che pure sono una presenza ossessiva fra quegli scorci da cartolina. Il ministero, spiega Bertin, «mi ha chiesto di confermare la presenza di agenti della polizia nazionale in due punti del dispositivo di sicurezza. Ora - prosegue Bertin implacabile - la polizia nazionale forse era lì ma dai video la loro presenza non appare». Insomma, gli 84 morti sono anche il frutto di un'organizzazione scriteriata, dilettantesca, affidata ai poveri vigili urbani che presidiavano gli ingressi alla Promenade des Anglaise. È così il luogo di culto delle vacanze è diventato il teatro di una macelleria messicana.

Non basta, perché il rappresentante dell'Interno avrebbe forzato la mano, chiedendo all'agente Bertin il rapporto sui fatti del 14 luglio in versione modificabile. «Sono stata molestata per un'ora - aggiunge la poliziotta - lui mi ha ordinato di registrare le posizioni specifiche della polizia nazionale che non ho visto sullo schermo».

Siamo, saremmo, alla falsificazione dei dati, alle opacità, alle bugie, alle menzogne. «Alla fine ho inviato una email in versione non modificabile e una in versione modificabile. Poi, qualche giorno dopo, sotto direzione dell'Antiterrorismo mi ha chiesto di cancellare i nastri di sei telecamere che avevo citato nella mia relazione, quelle che hanno filmato l'attentato». È l' accusa più pesante che scatena la reazione furibonda del ministro: Bernard Cazeneuve annuncia querela per diffamazione contro Bertin. «Sarebbe molto utile - si legge in una nota del ministero dell'interno pubblicata dallo stesso Journal du Dimanche - che Sandra Bertin fosse ascoltata dagli inquirenti e potesse fornire loro le identità e le mansioni delle persone che chiama in causa, le email di cui parla e il loro contenuto».

Certo, il governo appare in grande difficoltà, la popolarità di Hollande e' sotto i tacchi, la Francia sembra incapace di fronteggiare l' emergenza terrorismo. E lo stesso Cazeneuve è stato fischiato sotto il cielo azzurro di Nizza.

Del resto, le prime, frettolose e in qualche modo rassicuranti dichiarazioni sul profilo di Lahouaiej Boulhel, il killer tunisino, sono state corrette in corsa. Altro che lupo solitario. C'era una cellula e c'erano mesi di preparazione. Ma gli 007 non si erano accorti di nulla.

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