Per sapere che i genitori della povera Eleonora hanno «agito in buona fede» non c'era bisogno di una sentenza; lo suggeriva già la legge del cuore. Ma per la Procura di Padova era necessario il verdetto di un giudice: sigillo tecnico a una vicenda umanamente dolorosissima, e che forse non meritava (o forse sì) strascichi giudiziari. Sta di fatto che due genitori si sono ritrovati imputati con l'accusa di non aver assicurato alla figlia gravemente malata le cure più idonee.
Un caso delicatissimo, dove separare «giusto» e «sbagliato» è impresa di struggente sofferenza: non invidiamo i magistrati che sono stati costretti a farlo.
Alla fine il dramma legale, seguito alla tragedia familiare, si è chiuso con le seguenti parole pronunciate dal giudice: «Il fatto non costituisce reato e i genitori hanno agito in buona fede». Sono così stati prosciolti dall'accusa di omicidio colposo Lino Bottaro e Rita Benini, i genitori di Eleonora, la diciottenne di Bagnoli di Sopra (Padova) morta il 29 agosto del 2016 perché malata di leucemia linfoblastica acuta.
Secondo il pm, che aveva chiesto il rinvio a giudizio, i genitori «avevano convinto la figlia», che quando si è ammalata era ancora minorenne, «a non sottoporsi alla chemioterapia, e avrebbero anche cercato cure alternative rivolgendosi a una clinica in Svizzera».
Eleonora Bottaro, studentessa di un istituto agrario morta 14 giorni dopo il suo diciottesimo compleanno, e i suoi genitori avevano rifiutato in tutti i modi l'uso della chemioterapia. Erano infatti dei sostenitori delle teorie di Ryke Geerd Hamer, l'ex medico tedesco radiato dalla professione nel 1986 morto a luglio di quest'anno.
Secondo la Procura di Padova, i genitori avevano «violato l'obbligo di tutela insito nella potestà genitoriale», da un lato «opponendosi alla terapia chemioterapica, osteggiata fin dal primo intervento medico», dall'altro ingenerando nella figlia «una falsa rappresentazione della realtà, sia in ordine alla gravità e mortalità della patologia da cui era affetta sia con riferimento alla idoneità e adeguatezza curativa soltanto dei rimedi da essi proposti, privi di qualsiasi validità scientifica».
I genitori erano convinti infatti che «la malattia della figlia fosse legata al trauma della scomparsa di suo fratello, venuto a mancare tre anni prima a causa di un aneurisma».
Una «convinzione» che, unita alla incomprensibile fiducia nei riguardi di un personaggio come Ryke Geerd Hame, ha messo i genitori di Eleonora in una posizione difficile dal punto di vista etico-morale e pericolosa sotto il profilo della responsabilità penale.
Dopo le parole del giudice che li ha prosciolti, marito e moglie si sono abbracciati tra le lacrime: «Non abbiamo mai negato le cure a Eleonora, abbiamo solo rispettato la sua autonoma volontà di non ricorrere a cure nelle quali non credeva».
I medici le avevano prescritto cicli di chemioterapia ma i genitori si erano rifiutati, firmando le dimissioni dall'ospedale della figlia, all'epoca minorenne: l'Usl aveva quindi segnalato il caso al Tribunale dei minori, che aveva decretato la decadenza della patria potestà genitoriale, affidando la
giovane alla tutela di un medico. I genitori erano così stati indagati per «omicidio colposo aggravato dalla previsione dell'evento»; ma nell'udienza preliminare il gup scagionato entrambi.Eleonora, da lassù, avrà sorriso.
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