"No alla resa, la risposta è la ricerca pubblica"

Il genetista: "Ben venga l'industria privata, ma i grandi studi devono essere statali"

"No alla resa, la risposta è la ricerca pubblica"

«Ho sentito, ho sentito» dice Edoardo Boncinelli, genetista celebre e autore di numerosi saggi scientifici, a proposito della decisione della Pfizer di rinunciare alla ricerca sui farmaci contro l'Alzheimer.

E che cosa ha pensato?

«La cosa è un pochino preoccupante, non tanto perché potessimo sperare di ottenere grandi risultati, perché i risultati non si hanno a comando, non si hanno all'improvviso, e nemmeno perché si hanno tanti soldi da investire, che sono necessari, ma non sufficienti...».

E perché è preoccupante?

«È un sintomo di una certa mancanza di fiducia, di una certa depressione e di una certa percezione di fatto che il mercato non sia sensibile a determinati richiami».

È un danno?

«Non immediato. Ma è un segnale che una parte dell'umanità abbia perso la fiducia di avere il tempo di occuparsi di cose così importanti come le malattie neurologiche, sempre più frequenti, perché la vita si è allungata e queste malattie sono caratteristiche dell'età avanzata».

Una sfiducia da parte di chi? Degli scienziati?

«No, credo che sia più un problema economico. La Pfizer non è l'unica a fare ricerca. Ma se la cosa si ripete... Ci stiamo tarpando le ali, perché il futuro ci vedrà sempre più vecchi e sempre più malati. Tutto questo deve però servire come spinta a fare ricerca di base finanziata dallo Stato».

In che senso?

«Sia chiaro, e in Italia ripetiamolo fino alla noia: ben vengano le ricerche dell'industria privata. Ma queste sono basate sul profitto, e liberissime di non fare più una ricerca, se non ne dà. La grande ricerca deve essere di base, e statale».

Perché?

«Perché è quasi certo che qualcosa otterrà».

Questa è un po' una resa?

«Eh sì, un profumo di resa ce l'ha. I momenti non sono buoni, a tutti i livelli manca la speranza di avere tempo per fare le cose. E la ricerca non può essere fatta, come si dice a Napoli, friggendo e mangiando: se mancano soldi e tempo, non si può fare. E poi c'è un altro aspetto: non basta fare ricerca».

Che cosa significa?

«La ricerca non è detto che riesca: è un viaggio cieco in un mondo sconosciuto. E a volte non dà risultati. Non c'è la sicurezza di ottenere qualcosa, e per me l'Alzheimer è una delle malattie più complicate che esistano. Nessuno sa se, e quando, si troverà una soluzione a questa malattia».

Gli Stati fanno ricerca di base?

«Tutti. Ma se fosse facile... Certo domani potrebbe aprirsi una nuova frontiera, ma al momento c'è uno stallo con malattie particolarmente fetenti».

La sfida della ricerca non è proprio quella, però?

«Sì, però la bacchetta magica ce l'ha solo Harry Potter. Noi dobbiamo essere umili».

Non è ottimista?

«Sono molto ottimista, però non sono scemo: dobbiamo insistere, sperare, ma anche serrare le fila, lavorare sempre più duramente, fare ricerca di base; e poi all'improvviso - spero - verrà la soluzione».

Ma le malattie come Alzheimer e Parkinson sono le grandi questioni con cui la scienza si deve confrontare?

«Assolutamente. Sempre, e soprattutto oggi. E lo deve fare innanzitutto la ricerca di Stato».

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