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Il nodo prescrizione blocca la riforma. Pd-M5s smentiscono il ddl Bonafede

Presentati oltre 700 emendamenti. I timori sul Recovery plan

Il nodo prescrizione blocca la riforma. Pd-M5s smentiscono il ddl Bonafede

Si iniziano a mettere le carte in tavola sulla riforma del processo penale. Il ddl, all'esame della commissione Giustizia di Montecitorio, è parte del più complessivo riordino del sistema giudiziario che è uno dei «pilastri» (come dice la ministra Marta Cartabia) del Pnrr italiano.

Ieri i partiti hanno depositato i loro emendamenti al testo, che risale al precedente governo: più di 700, di cui 85 da Pd, M5s e Leu: «Una ritirata indecorosa: avevano approvato loro il ddl Bonafede, e ora lo smentiscono», infierisce (dalla attuale maggioranza) Enrico Costa di Azione. A spaccare la maggioranza c'è sempre la questione prescrizione, abolita da M5s e Lega col governo Conte 1, modificata (si blocca al primo grado solo in caso di condanna) dopo lunghissime mediazioni dal governo Conte 2. Ora Italia viva, Fi, Lega, Azione e +Europa tornano a chiedere di reintrodurre una norma di civiltà contro i processi eterni; i 5Stelle invece vogliono tornare all'abrogazione completa e il Pd cerca di aggirare l'ostacolo puntando solo sulla velocizzazione dei processi. «Stiamo cercando soluzioni per risolvere il problema della prescrizione nel modo giusto, senza scontri», spiega il dem Mirabelli.

Le votazioni in commissione dovrebbero iniziare la settimana prossima, ma prima è atteso un vertice di maggioranza con la Guardasigilli Cartabia, che ha costituito una apposita commissione ministeriale per valutare le modifiche da apportare al ddl originario e cercare di riportare nei binari di un confronto produttivo lo scontro in maggioranza. Sarà la ministra poi a elaborare la sintesi. E Cartabia ha già avvertito con parole chiare i partiti sull'importanza del passaggio: «Abbiamo un compito storico e un'occasione irripetibile con il Recovery plan, e la riforma della giustizia ne è il pilastro - ha detto il 25 aprile alla Stampa - se fallisce, molto semplicemente, non avremo i fondi Ue. Si rinunci quindi al conflitto permanente, ammainando le bandiere identitarie. Serve un grande patto per una giustizia rapida e di qualità». Un messaggio che fa sembrare lontanissimi i tempi in cui a presidiare il ministero c'era l'ex dj Bonafede, e il premier Conte scriveva nel Pnrr che la riforma della giustizia doveva avere come obiettivo quello di «ridurre il carico di lavoro per i magistrati», onde non affaticarli. La ministra deve gestire non solo il muro contro muro tra garantisti e giustizialisti in maggioranza sul processo penale, ma anche la riforma del processo civile e quella del Csm, in mezzo a raffiche di scandali e a una crisi colossale di credibilità del sistema giudiziario e dell'autogoverno delle toghe, che si riflettono nella pubblica opinione. È di ieri un sondaggio, realizzato da Emg, secondo cui alla domanda «lei ha fiducia nella magistratura?» il 50% del campione risponde no, il 38% sì e l'11% non risponde neppure.

Il tasso di sfiducia si impenna a Nordovest e a Sud (58 e 57%), con un 44% a Nordest, e 43% al Centro.

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