"Noi, genitori anti-ecstasy in missione sulle spiagge"

Hanno perso i figli in situazioni drammatiche, ora salvano i ragazzi da droga, alcol e pirati della strada

"Noi, genitori anti-ecstasy in missione sulle spiagge"

Si può sopravvivere a tutto, ma non alla morte di un figlio. Solo un genitore che ha patito un lutto così devastante può capire. E insegnarci cose che nessun altro padre o madre riuscirebbe a comunicare. Giampietro Ghidini e Elisabetta Cipolloni non si conoscono tra loro, ma i loro destini hanno dei drammi in comune: entrambi hanno trasformato la morte dei rispettivi figli in un'opportunità per salvare altri giovani e altri genitori. Giampietro è il padre di Emanuele, 16 anni, morto nel 2013 annegato in fiume dopo aver leccato «francobollo» intriso di acido; Elisabetta è la madre Andrea, 16 anni, morto nel 2011 investito da un pirata della strada. Giampietro in questi giorni va su e giù lungo le spiagge italiane per incontrare i coetanei del suo «Ema». Non sono prediche né lezioni, ma dialoghi per far capire i rischi della droga e dell'alcol. Due mostri che si travestono con l'abito gioiose di pasticche colorate di ecstasy, pronte a tuffarsi in bicchieri colmi di cocktail da sballo. Pareva allegramente innocuo anche il «francobollo» che una maledetta notte qualcuno offrì a Emanuele. Lui, con l'ingenuità dei suoi meravigliosi 16 anni, cadde nel tranello. Pochi minuti dopo Emanuele era un cadavere annegato nel torrente Chiese: «In preda alle allucinazioni si buttò nel torrente Chiesa, lo stesso dove 10 anni prima, quando era un bimbo, io e lui gettammo in acqua un pesciolino rosso che però fu subito mangiato da un'anatra. Una scena che a me fece ridere ma che invece turbò molto Ema. Forse non è un caso che mio figlio abbia trovato la morte proprio in quelle stesse acque». Una vicenda da incubo che Ghidini non smette di raccontare sui lidi e nelle discoteche, dove i francobolli-killer continuano a «spedire» giovani all'altro mondo. I ragazzi piangono, si avvicinano, lo abbracciano. Nella battaglia contro le droghe è certo più efficace un incontro con Gianpietro che decine di barbosi convegni. Di queste «tournée» estive (ma pure invernali) Gianpietro non si stanca mai: «Dopo la perdita di Ema, ho capito che la vita freneticamente lavorativa che mi teneva lontano da lui e dalla famiglia era stata forse una concausa della tragedia di mio figlio. Dovevo rimediare. Ho deciso allora di restituire a tutti i ragazzi quell'ascolto che non ero riuscito a garantire a mio figlio». La nuova vita da «missionario» di Ghidini l'ha portato a fondare un'associazione (che, non a caso, si chiama «Pesciolino rosso») con milioni di sostenitori e che produce libri e spettacoli: tutto, ovviamente, senza fini di lucro. Una didattica del colloquio che coinvolgere anche i genitori attraverso un approccio fuori dallo schema tradizionale minaccia-divieto-proibizione. Ai figli bisogna far capire. E i ragazzi che vanno ad ascoltare Gianpietro diventano subito «figli» suoi. «Ha grande carisma, è il padre che vorremmo avere tutti», ci dice uno dei tanti ragazzi che l'altro giorno lo ha incontrato sulla spiaggia di Riccione.

Impegnatissima negli incontri con i giovani è anche Elisabetta Cipollone la mamma di Andrea De Nando, il ragazzo di Peschiera Borromeo, investito e ucciso il 29 gennaio 2011 da un automobilista ubriaco. Da allora Elisabetta non ha mai smesso di trasformare il proprio dolore in impegno sociale.

In questi anni infatti ha condotto con successo la campagna nazionale per l'introduzione dell'omicidio stradale e continua a partecipare a eventi per sensibilizzare i giovani ai temi della sicurezza stradale, della lotta alla droga, all'abuso di alcol e alle stragi del sabato sera. Al suo fianco tutti gli amici (e sono tanti) di Andrea. Che oggi avrebbe l'età di un adulto. Sicuramente, anche lui, impegnato nel sociale. E orgoglioso di avere una madre come Elisabetta.

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