Cronaca giudiziaria

Ma non è (ancora) detta l'ultima parola

C'è un articolo del Giornale tra le nuove prove che irritualmente e indebitamente la Pg Francesca Nanni ritiene insussistenti per la riapertura del processo sulla Strage di Erba per cui sono stati condannati all'ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi

Olindo Romano e Rosa Bazzi durante uno dei processi
Olindo Romano e Rosa Bazzi durante uno dei processi

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Ma non è (ancora) detta l'ultima parola

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C'è un articolo del Giornale tra le nuove prove che irritualmente e indebitamente la Pg Francesca Nanni ritiene insussistenti per la riapertura del processo sulla Strage di Erba per cui sono stati condannati all'ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi. Il capo della Procura generale non poteva fare diversamente, c'è una giurisprudenza precisa che l'ha obbligata suo malgrado a spedire la richiesta alla Corte d'Appello di Brescia, nell'unica sede deputata a valutare le nuove prove. Che ci sono, e chi ha letto davvero le 58 pagine firmate Cuno Tarfusser, pienamente titolato a presentare la richiesta di revisione, lo sa. Sono 17 anni che con Edoardo Montolli ci siamo occupati di questa vicenda (c'è un podcast su Youtube), che meglio di altre racconta lo sfascio della giustizia italiana. È dal 2007 che parliamo di prove distrutte, intercettazioni sparite, macchie di sangue che non combaciano, riconoscimenti tardivi e frutto probabilmente di una subornazione, confessioni imbeccate con un legale che saltabecca da un assistito all'altro mentre Rosa Bazzi riascolta integralmente la versione (claudicante) del marito, «sul tavolo le foto della strage», spiegava durante la requisitoria il pm Massimo Astori, senza temere di inguaiare con questa frase la veridicità di quelle presunte confessioni. Poi è arrivato il settimanale Oggi a ricostruire le storture, Antonino Monteleone con le Iene le ha messe in fila e le ha rese visibili. Chi parla di pietra tombale sulla revisione sbaglia mira. D'altronde, se davvero Olindo e Rosa sono innocenti sarebbe il più grosso scandalo giudiziario della storia e i giornalisti che si sono bevute le mezze verità verrebbero sbugiardati definitivamente. Lo capiremo presto: difficile che a fronte a due richieste di revisione (c'è anche quella dei legali, carica di perizie e prove inedite in arrivo) il processo non si riapra. Martin Luther King diceva di non temere la cattiveria dei malvagi, ma il silenzio degli onesti. E in questa storia - sui giornali e nelle aule di giustizia - tanti hanno taciuto, hanno finto di non vedere. La mossa tardiva della Nanni ripaga anche gli sforzi di Tarfusser, incastrato da un procedimento disciplinare per aver avuto il coraggio di mettere in discussione la traballante condanna dei due, piena di «aporie» come ammette la stessa Cassazione, la cui colpa è aver esercitato fino in fondo il suo mandato, costi quel che costi, per amore di verità e di giustizia.

Altri suoi colleghi e tanti giornalisti che in questi anni si sono improvvisati giuristi, esperti di psicologia forense e investigatori, non possono dire altrettanto.

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