Quando, la mattina del 29 novembre scorso a Monza, un 14enne e un 15enne accoltellarono a morte il loro pusher, la storia era sembrata più grande di loro. Più della loro rabbia e del movente dichiarato: «Lui ci ha iniziato alla droga, volevamo punirlo». Ora le indagini sull'omicidio di Cristian Sebastiano, 42 anni, scoprono che dietro i due killer adolescenti c'era un mandante, rimasto nell'ombra. Sarebbe, secondo la Procura di Monza che lo ha fatto arrestare ieri, Giovanni Gambino, 43enne amico e vicino di casa della vittima.
I due ragazzini erano stati arrestati poche ore dopo il delitto. Avevano sorpreso Sebastiano a pochi metri da casa sua, sotto i portici di via Fiume, nel quartiere popolare di San Rocco. Dopo averlo colpito con oltre venti fendenti, erano tornati a casa a mettere in lavatrice i vestiti sporchi di sangue. L'omicidio sarebbe maturato interamente nel giro del piccolo spaccio di San Rocco. Sebastiano aveva precedenti per droga e lottava da anni con la tossicodipendenza. Spacciava cocaina e riforniva sia i due ragazzi finiti in carcere a novembre, sia Gambino. Il movente del presunto mandante sarebbe un debito di droga di poche centinaia di euro di quest'ultimo verso la vittima. Secondo gli inquirenti e il gip di Monza che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare, il 43enne è stato «concorrente morale, istigatore e agevolatore» del delitto. Avrebbe «cavalcato l'onda emotiva» dei due minorenni e avrebbe promesso loro in cambio mille euro a testa.
Le indagini, coordinate dal pm di Monza Sara Mantovani e affidate ai carabinieri del Comando provinciale, non si sono fermate dopo l'arresto dei due adolescenti. Il sospetto che ci fosse qualcos'altro dietro le prime conclusioni investigative si è subito imposto. Il tam tam del quartiere e le testimonianze di molte famiglie della zona hanno portato dopo mesi alla svolta. E hanno fatto emergere il secondo livello del delitto, maturato nell'astio che pare ci fosse tra l'ucciso e il presunto responsabile della sua morte. Gambino avrebbe pianificato l'accoltellamento e la rapina e poi avrebbe spinto i ragazzi a entrare in azione. L'uomo, che ha precedenti di polizia, è in carcere con le accuse di omicidio volontario e rapina, in concorso.
I due adolescenti esecutori materiali erano incensurati fino all'agguato di via Fiume. Verranno processati a luglio. Ai carabinieri avevano dichiarato che la loro era stata una vendetta: «È colpa sua se siamo diventati tossici», hanno detto. Hanno sempre negato l'esistenza di un mandante e dopo una prima ammissione hanno anche negato di aver avuto l'intenzione di uccidere Sebastiano. Hanno ammesso solo il movente della rapina. Molte delle loro dichiarazioni non hanno convinto gli investigatori. Nei loro confronti vengono contestati la premeditazione e i futili motivi.
I genitori di Sebastiano, con i quali lui abitava, avevano appena finito di pranzare quella domenica e lo seguivano con lo sguardo dal terrazzino: «Sapevamo cosa faceva... Stava tornando a casa, poi qualcuno lo ha richiamato».
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