Ma non regaliamo Francesco a verdi e sinistra

Le parole del Pontefice incantano: bastonano governi e multinazionali ma sono ancorate alla tradizione

Ma non regaliamo Francesco a verdi e sinistra

Ho letto non i resoconti o le frasi a effetto, ma le 190 pagine e rotti dell'enciclica di Francesco sulla «cura della Casa comune». Confesso: mi ha incantato. Chiarisco. Non è un manifesto ecologista, non pittura di verde la croce di Cristo. Non ha nulla di progressista, semmai è conservatrice, in tutti i sensi. Si àncora totalmente alla dottrina di Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI, che aveva già prefigurato una simile enciclica e con cui Bergoglio ha di certo paragonato le sue idee. Non regaliamo il Papa ai compagni o peggio ai verdi che sono come i cocomeri: verdi di fuori, rossi di dentro. Insomma.

Laudato si' Bergoglio per la sua enciclica. Questo Papa non accarezza il pelo del lupo, anche se si chiama Francesco. È presuntuosa, di sicuro, come tutte le cose scritte dagli umili, a cui non importa di essere innalzati alla gloria. E così qui assistiamo allo spettacolo di una voce di Dio (Bergoglio non ha dubbi di esserlo) che non ha paura, e come Giovanni Battista dà addosso a Erode e alla sua corte, cioè ai potenti del mondo. Li sfida. Qualcuno potrebbe obiettare che invade il campo di Cesare, come il Vangelo vieta, poiché polemizza con le scelte dei capi di Stato e di governo persino sull'anidride carbonica e i combustibili fossili. E pesta i calli agli scienziati, polemizzando - pur con qualche distinguo - con chi ha più fede nel buco dell'ozono e nell'effetto serra che in Dio. Ma questo è Papa Bergoglio, e guai a chi ce lo tocca. Si espone, mostra il fianco. Non pretende di essere infallibile sul «cambiamento climatico», ma sull'imperativo morale di difendere le creature umane dalla bestia di un progresso cieco e fine a se stesso, in mano a pochi prepotenti; questo senz'altro. E giù fulmini. Ci sono infatti vigorose scudisciate, come fece Gesù coi mercanti del tempio. Insomma, da questo si capisce che è un'enciclica importante: divide. Ha sì pagine incantevoli sulla natura, sugli uccelli caduti dal nido e sulle chiare acque. Ma poi non risparmia niente all'uomo contemporaneo e ai suoi vizi che magari crediamo innocenti. Usa un linguaggio dolce in molte pagine, ma la bocca gli serve per mordere.

Intendiamoci: le multinazionali e la finanza internazionale sono il bersaglio perfetto, persino prevedibile. Ma - sorpresa - il Papa, senza alcun bigottismo romantico, sferza soprattutto l'ateismo pratico, la rinuncia a Dio. Da lì vede sgorgare il dissesto della «Casa comune». Una cosa è sicura: l'enciclica è ancorata a una dottrina tradizionale, somiglia alla saggezza della gente semplice. Manca la raffinatezza razionale di Papa Ratzinger e la violenta concisione poetica di Wojtyla. Bergoglio è discorsivo, ma il centro è favolosamente religioso, pienamente giudaico-cristiano.

Parte da un'idea. Il mondo, la natura, non sono il mondo e la natura e stop. Sono qualcosa di più: sono il creato. Sono un dono all'uomo, come l'uomo a sua volta è dono per il resto del creato. Questo creato, a causa della colpa originale, è decaduto. Ma la Redenzione lo ha rimesso in carreggiata verso la pienezza. L'ordine finale di perfetta armonia; la gloria della pace e della bellezza sono il compimento del disegno di Dio.

L'uomo sta rovinando tutto. Calpesta i deboli. Non rispetta i boschi e i fiumi e il mare, tratta gli animali come possesso e giacimento da sfruttare invece di amarli. Bergoglio attacca anche la mitizzazione della natura e nega l'uguaglianza tra animali ed esseri umani. Si schiera contro l'evoluzionismo come esito del caso, ma citando Teilhard de Chardain, gesuita amato da De Lubac e Von Balthasar, sposa la teoria del disegno intelligente che presiede allo sviluppo delle specie e della natura.

L'idea di fondo è quella di intendere l'universo e il creato come «liturgia cosmica», come dicevano i padri della Chiesa.

E vedrete quali sorprese ci riserverà Francesco sulla innaturale teoria del gender oggi imperante.

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