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"Non si lavora nei festivi". Di Maio vuole sfrattare la Cgil

Grillini contro le aperture domenicali. Così cercano di sorpassare i sindacati nelle proteste dei lavoratori

"Non si lavora nei festivi". Di Maio vuole sfrattare la Cgil

Eliminare i sindacati, «vecchi come i partiti». Chiudere con la liberalizzazione nel commercio. «Rimettere la persona al centro delle politiche pubbliche, non queste fallimentari teorie di mercato». È nel giorno di Pasquetta, sulla scia delle polemiche per l'outlet di Serravalle Scrivia (Alessandria) aperto persino a Pasqua, che il M5s di Beppe Grillo riprende la sua lunga marcia verso un populismo che imbarazza il Pd.

Ma «non è solo una questione economica», scrive il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, su Facebook. Piuttosto si tratta «di serenità familiare e felicità personale». Di Maio ricorda che «anche i commercianti delle città italiane insieme ai loro dipendenti ormai sono costretti a inseguire questo ritmo forsennato di lavoro dettato dai megastore». La questione è assai controversa, e un pdl avanzato dai Cinquestelle nel 2013 (a firma Dell'Orco), approvato alla Camera anche perché la chiusura obbligatoria nelle festività è predicata dalla Cei, giace ora in Senato, osteggiata dal partito di Renzi. «Il Pd la tiene bloccata a Palazzo Madama - attacca Di Maio - e non ci permette di approvarla definitivamente. Le liberalizzazioni sfrenate hanno fallito, dovevano essere il volano dell'economia, ci stanno rendendo addirittura più poveri». Le aveva introdotte il governo Monti nel 2011 e, secondo i grillini, hanno provocato tra l'altro una competizione impari tra le piccole botteghe e i grandi centri commerciali: «Una concorrenza al ribasso che ha ottenuto come unico risultato lo sfaldamento del nucleo familiare del negoziante e dei dipendenti, lontani dalla famiglia 7 giorni su 7. L'effetto sugli incassi è stato praticamente nullo, si sono spalmati gli stessi introiti su 7 giorni. Ma la qualità della loro vita è ulteriormente precipitata». Se nel Pd non tutti sono d'accordo con le liberalizzazioni, al punto che una legge regionale del Friuli (dove governa la Serracchiani) obbliga alle chiusure nei festivi, il M5s con questa posizione sembrerebbe allinearsi a Cgil, Cisl e altri sindacati che hanno appoggiato lo sciopero dei dipendenti dell'outlet (rivelatosi un mezzo flop). Ma in realtà la strategia indicata da Grillo e Casaleggio, dai primordi fino a pochi giorni fa, vede proprio nella «disintermediazione» la chiave di volta. Anche nel campo delle rivendicazioni sindacali. In maniera sottile, i grillini tendono perciò a volersi sostituire ai vecchi sindacati, rappresentando la protesta dei lavoratori contro gli interessi della grande distribuzione (più in generale, delle multinazionali). Un dibattito lanciato pochi giorni fa pure sul sito di Grillo da Giorgio Cremaschi, già leader della Fiom-Cgil. E se l'ex montiano Della Vedova, difendendo le liberalizzazioni, biasima «il rimpianto del bel mondo antico» e vede «un sottofondo classista» nelle parole di Di Maio, quest'ultimo vuole rilanciare, con il dibattito sugli orari, anche quello che riguarda l'e-commerce. «È inutile fingere di non vedere che presto la vendita online renderà questi megacentri commerciali sempre più inutili, e i loro dipendenti indirizzati verso altre mansioni, tra cui la consegna a domicilio».

Di disintermediazione in disintermediazione, è chiaro, si finirà tutti monadi isolate davanti ai computer. A fare acquisti finalmente quando e dove ci pare.

Almeno finché «Santa corrente elettrica» ci terrà in vita il web e il pc, beninteso.

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