Roma - Accusati di violenze sulla figlia: assolti. A denunciare la coppia una badante romena. Una vicina con la quale la donna ha avuto un diverbio. Quanto basta per evitarle l'espulsione anche se in udienza non si è mai presentata.
Per anni la mamma e l'uomo che è il compagno e ha cresciuto la piccola sono stati costretti a starle lontano. Alla notizia dell'assoluzione la ragazzina, che oggi è una donna di 19 anni, è scoppiata in lacrime. Un pianto liberatorio. Mai una parola contro i genitori, la vittima di questa storia assurda ha sempre negato le violenze che in primo grado i giudici attribuivano ai familiari. Martedì, al processo d'appello di Roma, il ribaltone. Le prove che il pubblico ministero di primo grado, Laura Centofanti, riteneva «inequivocabilmente significative» sono un bluff. Come la registrazione che li avrebbe inchiodati nelle indagini del 2006: un fotogramma in cui si vede la bambina, vestita, a gambe divaricate far capriole sul lettone con il compagno della madre in piedi in accappatoio. Una scena di vita quotidiana ma che per i magistrati viterbesi è violenza.
Siamo a Viterbo nel quartiere residenziale che porta a Bagnaia. La donna convive da anni con un uomo, un imprenditore, che non è il padre naturale di sua figlia, ma è come se lo fosse. L'ha cresciuta lui, le vuole un bene dell'anima. La coppia, abbastanza litigiosa, disturba. Non solo litigi, anche risate e passi pesanti. La ragazzina ha sei anni appena compiuti ed è molto vivace. La donna romena ha un diverbio acceso con sua madre, all'epoca 34enne. «Se non la smettete vi denuncio» le dice. La donna non se lo fa ripetere e pronuncia una frase che suona come una minaccia: «Sono io che vado a denunciarti ai carabinieri, visto che qui in Italia sei irregolare». Una frase pesante che la romena incassa senza dire altro. Pochi giorni dopo, per paura, lascia il lavoro. E va a vivere dalla sorella a Montefiascone. L'idea è di denunciarli ai carabinieri del posto. Per la donna i due abuserebbero della bambina. Non ha uno straccio di prova, la badante. La descrizione che fa dei due è persino sbagliata ma le credono. Il pm autorizza e subito dopo i militari si appostano nell'abitazione di sotto. Non trovano riscontri. Il 27 gennaio 2006, quando moglie e marito escono, entrano nel loro appartamento e piazzano due «cimici» e una microcamera. Un pomeriggio di riprese. «Stoppavo e riavviavo la telecamera» ammette l'operatore a processo. La sera stessa i carabinieri si presentano con l'ordinanza di arresto. «Ci hanno portati via tutti - racconta la donna -, per tre anni non ho rivisto mia figlia». Le accuse: abusi sessuali aggravati su minore. «La bambina viene subito portata in ospedale, al Belcolle, per una visita ginecologica e psicologica - spiega l'avvocato Claudia Polacchi -. Esami che escludono abusi sessuali: la piccola è integra. E nonostante lo choc è serena. Il Tribunale dei Minori l'affida prima a una casa famiglia poi alla nonna. In carcere, quando apro il fascicolo allegato, vedo una foto. È un fotogramma estrapolato dal video registrato. Perché allegare solo un frame e non l'intero filmato?». La risposta solo dopo le insistenze dell'avvocato Polacchi. Nelle riprese si vedono moglie e marito discutere e la bambina, come fanno spesso i piccoli, per attirare la loro attenzione fa capriole sul letto con l'uomo che la spinge dalle scarpe.
Per i carabinieri, il pm e la corte di primo grado è la prova di reato. Un mese in isolamento, poi 11 mesi ai domiciliari nonostante le perizie negativE. Nel 2015 vengono condannati a cinque anni. Adesso l'assoluzione perché il fatto non sussiste.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.