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Il Nord finisce nell'angolo. Parte l'assalto all'autonomia

Il nuovo esecutivo a trazione meridionale ferma tutto. Zaia: "Non faremo sconti". Fontana: "Roma ci ascolti"

Il Nord finisce nell'angolo. Parte l'assalto all'autonomia

È toccato a un barese, il neo ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, far capire al lombardo Fontana e al veneto Zaia che il dossier sulle autonomie regionali differenziate è totalmente da riscrivere. «L'autonomia è dentro la Costituzione e la faremo rigorosamente rispettando la Costituzione», ha affermato l'esponente piddino a margine della cerimonia al Quirinale per il giuramento del nuovo esecutivo.

«C'è già un punto di incontro su questo tema che è il lavoro fatto dal presidente della Regione Emilia Romagna e dal presidente Conte che si sono ritrovati su alcuni temi», ha aggiunto Boccia. E non è un caso che il governatore emiliano, Stefano Bonaccini, sia stato prudente (forse anche per disciplina di partito) nel reclamare la devoluzione di competenze dal centro alla periferia sottolineandone il «quadro di solidarietà fra territori».

Non c'è da sorprendersi: la maggioranza (11 su 21) dei ministri giallorossi arriva proprio dalle Regioni meridionali con la Campania a fare la parte del leone, schierando quattro esponenti nelle persone di Di Maio, Costa, Amendola e Spadafora. I siciliani sono tre (Bonafede, Provenzano e Catalfo) come i pugliesi (Boccia e Bellanova oltre al premier Conte). La Basilicata con Speranza e Lamorgese ha lo stesso «peso» della Lombardia (Guerini e Bonetti) e dell'Emilia (Franceschini e De Micheli) e «conta» più del Veneto (D'Incà).

Non potrebbe essere altrimenti: M5s è forte al Sud, mentre il Pd sta difendendo strenuamente le ultime roccheforti emiliane e toscane. La questione settentrionale non fa parte del loro vocabolario e, mettendola sul tavolo, rischierebbero di perdere il consenso residuo, già assottigliatosi, come testimoniato dalle elezioni politiche, amministrative ed europee.

«Non voglio litigare, ma sulla partita dell'autonomia sicuramente non faccio sconti: è la priorità, nel rispetto del voto dei quasi due milioni e mezzo di cittadini veneti»ha ribadito ieri il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. «Se il Nord come tutti dicono è la locomotiva del Paese, ha bisogno di carbone per andare», gli ha fatto eco il governatore lombardo Attilio Fontana non nascondendo la preoccupazione per «un governo che non ha minimamente preso in considerazione questi problemi, del quale fanno parte molte persone che si sono schierate in quella sorta di guerra Nord contro Sud; l'autonomia non è una riforma leghista ma rispettosa della Costituzione, basta leggere il testo». Un esplicito riferimento alle intemerate parlamentari di Boccia che fino allo scorso luglio si era apertamente schierato contro l'ipotesi di accordo siglata dalle Regioni con la regia dell'ex ministro leghista Erika Stefani e poi stoppata dal tandem Di Maio-Conte.

Fontana ha sempre sottolineato che, dal punto di vista delle risorse per il Mezzogiorno, cambierebbe poco o nulla. Veneto, Lombardia, Emilia (e in prospettiva anche Piemonte e Liguria) chiedono autonomia su materie per le quali lo Stato ha sempre avuto l'ultima parola: dalla sanità alla scuola fino alle infrastrutture. Il residuo fiscale annuo di 50 miliardi (le tasse pagate dal Nord destinate al Sud) sarebbe ridotto nella misura in cui parte del gettito prodotto sul territorio fosse destinato a finanziare direttamente i servizi locali sulla base delle efficienze di spesa (costi standard). Pd e M5s sono contrari per ovvi motivi.

Il compromesso pare irraggiungibile.

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