Nuova stretta sull'utero in affitto: "Carcere e multa da 1 milione"

Altolà ai sindaci: basta bimbi con 2 mamme o 2 papà

Nuova stretta sull'utero in affitto: "Carcere e multa da 1 milione"

Reclusione da tre a sei anni e una multa fino a un milione di euro per chi alimenta il «turismo riproduttivo». Approda in Senato la battaglia leghista contro l'utero in affitto e il commercio di ovuli, in un disegno di legge a firma di Simone Pillon - già autore del contestato ddl sull'affido condiviso -, che mira a punire «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità».

Il testo, «Disposizioni contro il turismo riproduttivo», ribadisce «in via definitiva il già sussistente divieto di iscrizione o trascrizione di atti di nascita dai quali risultino due padri o due madri». Infatti, nonostante la maternità surrogata sia vietata dalla legge 40 e la Corte costituzionale la abbia definita «gravemente lesiva della dignità della donna», Pillon ricorda che «non è possibile per il giudice italiano sanzionare tali reati commessi all'estero in quanto non rientrano nella previsione di cui all'articolo 7 del codice penale. La legge italiana già punisce con la reclusione questo abominevole delitto, ma qualcuno che si crede più furbo va a comprarsi impunemente i bambini all'estero, affittando l'utero di povere ragazze straniere. È necessario intervenire e colmare tale vuoto».

Nel mirino anche i comuni e i sindaci che trascrivono nei registri dello stato civile i figli di coppie omosessuali nati all'estero attraverso tale pratica: «Occorre dare una definitiva indicazione che renda impossibile iscrivere o trascrivere atti di nascita di minori con due padri o con due madri».

Ma il tema porta con sé nuove fratture in seno al governo. Basi pensare che a inaugurare i riconoscimenti amministrativi è stata quest'anno la sindaca M5s di Torino Chiara Appendino. E un assaggio dello scontro sulla questione tra Lega e M5s risale solo a pochi mesi fa quando il ministro leghista per la famiglia, Lorenzo Fontana, aveva ribadito di non voler riconoscere i figli delle coppie gay («le famiglie gay non esistono», si era spinto a dire al Corriere). Gli aveva risposto il sottosegretario alla Presidenza con delega alle pari opportunità ed ai giovani, il grillino Vincenzo Spadafora, invitando Fontana «a fermare la propaganda».

D'altronde l'argomento non rientra nel contratto stipulato dalle due forze di governo, come aveva ricordato lo stesso Matteo Salvini per stoppare le polemiche. Eppure rispondendo poi a un'interrogazione parlamentare, lo stesso ministro dell'Interno era tornato a rivendicare le posizioni leghiste: «Il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà» è una delle questioni a cui «il governo darà voce e difesa in ogni sede».

Salvini aveva anche rivelato aver chiesto all'Avvocatura dello Stato di «dare le sue valutazioni legali» prima di «definire linee di indirizzo che ho intenzione di diramare alle prefetture e agli enti locali interessati» in quanto a trascrizioni. Ora il ddl Pillon. E una nuova frattura annunciata.

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