Boeri, l'economista radical chic che fa la fronda al governo

Da un anno alla guida dell'ente pensionistico, il professore si distingue per la volontà di dettare le riforme a Renzi. Che lo sopporta e non lo ama

Boeri, l'economista radical chic che fa la fronda al governo

Ha congelato la carriera da professore, abbandonato gli incarichi, tranne quello di guida del Festival dell'Economia. Rinunciato a un anno sabbatico a Londra, al quale teneva molto. Se qualcuno, un anno fa, gli chiedeva il perché, Tito Boeri rispondeva così: «Dopo avere teorizzato per anni, non posso tirarmi indietro davanti a un incarico del genere». Mentre dava questa spiegazione un po' stile vecchia Dc a Palazzo Chigi andava in onda un film diverso. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi - racconta al Giornale una fonte governativa - convocava Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti per una comunicazione telegrafica. «Tito Boeri è il presidente dell'Inps. È una scelta politica». Punto. Tradotto, non si discute né si fa marcia indietro.

Il «baco» della sua presidenza ha origine proprio qui. Nella voragine che c'è tra come Tito Boeri vede se stesso (confortato da molta stampa e da un pezzo trasversale di politica) e come lo vede Matteo Renzi. Lui si posiziona così: tecnico prestato alla politica per fare «cambiare verso» alla previdenza, il riformista chiamato a riformare le pensioni grazie alle sue idee originali. L'idea di Renzi, invece, è che quella di Boeri sia stata un'opzione tutta politica da mandare giù, dimenticando i tanti attacchi al suo governo e le differenze di fondo. «Il premier ha voluto dare un contentino a un mondo che non lo ha mai amato», spiega un esponente della sinistra. Quei liberal sofisticati e tecnocratici che negli anni passati speravano di guidare la modernizzazione dell'area politica dell'ex Pci, e poi si sono visti rimpiazzare in questo compito da un giovane democristiano formato nelle sacrestie fiorentine, con un curriculum tutto politico, allergico all'elitarismo. Un mondo che il premier, di rimando, detesta di cuore, ma al quale ogni tanto lancia un osso. Boeri è uno di questi. Per semplificare, appartiene al think tank di Repubblica . Economista, laureato e professore associato alla Bocconi, consigliere di una sfilza di organismi internazionali che vanno dal Fondo monetario all'Ocse passando per la Commissione europea, la Banca mondiale e l' Institut zur Zukunft der Arbeit (fonte Wikipedia ), è da anni editorialista del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, direttore scientifico della fondazione Rodolfo Debenedetti. Cofondatore del sito Lavoce.info , punto di riferimento degli economisti e della politica alla ricerca di una bussola su temi tecnici.

Poco prima della nomina Boeri non risparmiava bordate al premier via Twitter . Critiche feroci alla legge di Stabilità 2015 («Troppe approssimazioni. Rischiamo la bocciatura di Bruxelles»). Bordate contro il ministro Giuliano Poletti, («Intollerabile che ministero Lavoro manipoli dati comunicazioni obbligatorie per smentire dati Istat», scriveva il 29 novembre). Poi, post che oggi suonano attuali: «Perché far pagare canone tv con bolletta elettrica dovrebbe ridurre evasione? A chi riscuote non importa nulla del canone Rai!». Abbandonati gli interventi non istituzionali sui social , Boeri non ha smesso di creare problemi al governo. Ad esempio sulla riforma delle pensioni. Poco dopo l'insediamento annuncia che l'Inps avrebbe fatto una sua proposta per cambiare la legge Fornero. «Confonde l'istituto per un organo legislativo», commentarono dal governo. L'interessato non poteva non sapere che questo eccesso di iniziativa lo avrebbe messo nei guai. Poco prima di lui, l'ex commissario Tiziano Treu era caduto nello stesso errore (dal punto di vista del governo) proponendo un'uscita più flessibile.

Boeri è stato ancora più ambizioso. Il suo è un progetto organico, «chiavi in mano». Per promuoverlo crea suspense dicendo che svelerà i dettagli nell'estate. Solennità che induce molti giornalisti all'errore. Pensano che il piano di Boeri sia quello del governo. Non è così. Intanto trapelano dettagli. Contributivo per tutti in cambio di più flessibilità. Prelievi sulle pensioni «d'oro», per finanziare un anticipo della pensione al resto dei lavoratori. Misure per la povertà. Ce n'è abbastanza per fare infuriare mezza Italia. I pensionati sanno bene che quando si dice pensioni d'oro in realtà si cerca di colpire gli assegni sopra i 3mila euro lordi (1.800 netti). Ricalcolare con il contributivo, sia pure nella parte eccedente una soglia, significa tagliare le pensioni in essere.

Il governo risponde a modo suo e lo stoppa. Persino Poletti, ministro pacato e per nulla geloso delle sue competenze, si mette di traverso e con un paio di battute - «tutte le idee sono utili» e «prima di riformare la legge Fornero bisogna avviare un confronto con l'Europa» - infila le architetture riformiste di Boeri in un cantiere dismesso. Il fatto è che l'economista milanese liberal , vuole fare le riforme e mettere in pratica la sue idee. Gestire la macchina dell'Inps non gli interessa. Affida la guida al dg Massimo Cioffi, una carriera in Enel e un passaggio in Bocconi. Quindi gradito al professore, ma anche al ministro del Lavoro.

Metabolizza il no alla sua riforma e prova a riappropriarsi del suo ruolo. Rilancia con un'operazione trasparenza dalla quale emerge lo spirito da economista di Lavoce . Si chiama «A porte aperte». Il metodo è questo. Si prende una gestione, ad esempio il «fondo volo». Si riporta quanto prendono in media di pensione i dipendenti delle compagnie aeree e poi si dice quando prenderebbero se la loro pensione fosse pagata solamente dai contributi versati. Nel caso specifico, il 98% dei pensionati prende più del «dovuto» e le rendite sarebbero decurtate del 30%. Operazione meritoria per mettere alla gogna 40 anni di politiche previdenziali sballate. Ma anche una gogna che i diretti interessati gradiscono poco. E con loro il governo.

Si occupa anche dei sacerdoti, denunciando il rosso cronico del «fondo clero» (2,2 miliardi) e la sproporzione delle pensioni dei preti che si sono ritirati (un euro di contributi ogni tre incassati). Operazione politicamente avventata, che non gli fa certo guadagnare consensi. Lui può permettersi di non parlare da politico. Chi lo ha nominato, no. Qualcuno si è ricordato delle notizie sul fondo clero quando nelle settimane scorse Boeri ha annunciato l'udienza dei dipendenti Istat col Papa il 7 novembre. «Come ho avuto modo di scrivere, formulando la richiesta di udienza, sono convinto che si tratti di una preziosa opportunità di ascolto e di incontro per le donne e gli uomini dell'Ente, impegnati sulla frontiera del servizio e del bisogno di tutta la comunità».

Peccato che a fare domanda al Vaticano per l'udienza papale sia stato il commissario straordinario Vittorio Conti, non lui. Difficile capire il confine tra la gaffe e la provocazione. Leggerezza, non un tentativo di risalire in cattedra, spiega chi lo conosce. Perché Boeri dalla cattedra non è mai sceso.

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