Cronache

"Oggi vedrebbe bene le nozze con Peugeot"

Il suo braccio destro a Mirafiori: "Non ha mai avuto paura, nemmeno delle Br"

"Oggi vedrebbe bene le nozze con Peugeot"

Cesare Annibaldi, classe '35, da Jesi, è stato uno degli uomini più vicini a Cesare Romiti nell'allora Fiat. Direttore delle relezioni industriali e istituzionali, nonché supervisore dei rapporti con i sindacati, Annibaldi ha sentito Romiti per l'ultima volta un anno fa: «Ero a Firenze da turista - ricorda l'ex manager - mi telefonò per sapere di me e della mia famiglia. Risalgono invece al 2010, quando andai a trovarlo, gli ultimi discorsi su Fiat. Ne era sempre interessato e incuriosito».

Gli piaceva quel gruppo completamente trasformato da Sergio Marchionne?

«Era positivo, visti anche i risultati ottenuti».

Da piccolo, durante la guerra, Romiti ha provato anche la povertà. Fattore che lo ha temprato ma anche indurito.

«Ne parlava molto poco, quei ricordi li ha tenuti per sé».

Enrico Cuccia e Gianni Agnelli...

«Nella fase iniziale del suo percorso ha inciso Cuccia, quindi è arrivato l'Avvocato. Ad Agnelli ha sempre dato del lei».

E Umberto Agnelli?

«Rapporti da interpretare...».

Secondo lo storico Giuseppe Berta, Romiti vedeva la Fiat come un centro di potere politico del quale garantire l'italianità e in cui racchiudere attività diverse.

«Per lui la Fiat aveva la responsabilità dell'industria italiana. Guardava a un Sistema Fiat e alle sue potenzialità. Le critiche hanno riguardato i business diversi da quello dei trasporti e se valeva la pena di rischiare».

Da Vittorio Valletta a Sergio Marchionne, da Fiat a Fca.

«Valletta ha rappresentato il punto di partenza grazie a cui Gianni e Umberto Agnelli hanno lanciato la modernizzazione dell'azienda. Degli Anni '80 il nuovo sviluppo con Romiti e, nell'auto, con Ghidella che ebbe ottimi riscontri. Nel decennio successivo emersero diversi problemi sino a far degenerare la situazione. Poi è arrivato Marchionne. Ed è stata subito un'altra storia».

Si deve a Romiti il fatto che Alfa Romeo sia rimasta italiana?

«Sì. Tutti, comunque, erano d'accordo. Ghidella riteneva che il marchio avrebbe rafforzato il gruppo».

All'epoca della «Marcia dei 40.000», Romiti temeva di essere vittima di un attentato da parte delle Br?

«Dava l'impressione di non preoccuparsene...».

E lei aveva paura?

«Non mi lasciavo turbare da fattori esterni».

Romiti aveva capito con largo anticipo che la Cina sarebbe diventata una grande potenza economica.

«Non ne ha mai avuto dubbi».

Romiti e Annibaldi, entrambi di nome Cesare. Ma in Fiat lei era «il piccolo Cesare».

«Nessun fastidio, anzi. Con lui non c'era confronto».

Cosa gli avrebbe suggerito?

«Niente su finanza o industria. Magari sulla scelta delle persone. Dal basso si conoscono meglio».

Ora ad è Mike Manley, un manager inglese.

«Romiti non se lo sarebbe mai immaginato».

E poi arriveranno le nozze con i Peugeot.

«Anche lui era amico con loro, ma in maniera diversa. Le nozze le avrebbe viste bene.

Un'unione naturale, l'unica possibile ora».

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