Oltre 16mila jihadisti stranieri in Siria e Irak

Oltre 16mila jihadisti stranieri in Siria e Irak

L'ultima storia di ordinaria follia jihadista sembra ispirata all'Oscar di Spielberg Salvate il soldato Ryan . Due fratelli di Brighton, Sud dell'Inghilterra, arruolati in Siria a 17 e 18 anni tra le fila degli estremisti islamici ed entrambi uccisi a distanza di sei mesi l'uno dall'altro. La notizia arriva ai genitori angosciati tramite social media mentre un terzo figlio è ancora in prima linea fra i combattenti del Fronte al-Nusra, il gruppo affiliato ad Al Qaida.

Non hanno fatto alcun passo indietro da quando sono cominciati i raid, oltre seicento operazioni mirate in Irak e Siria. Non diminuiscono, puntano dritti alla meta - cioè i territori dell'agognato Califfato - e anzi aumentano con una velocità senza precedenti nei conflitti moderni e persino superiore ai reclutamenti registrati negli anni Ottanta in Afghanistan. L'esercito di combattenti stranieri in Siria e Irak ha superato quota 16mila nell'ultimo anno, con una media di mille stranieri che si uniscono ogni mese agli estremisti. E il numero è destinato a salire esponenzialmente, avvertono i funzionari dell'intelligence e dell'antiterrorismo statunitensi che hanno fornito i dati al Washington Post . Nonostante siano almeno 460 i membri dello Stato Islamico e 60 i combattenti del Fronte al-Nusra uccisi dalle bombe occidentali, il flusso di giovani in partenza per la «guerra santa» sembra inarrestabile. La maggior parte dei combattenti arriva dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Ma oltre duemila sono europei, entrati in Siria prevalentemente dalla Turchia e liberi di viaggiare con una certa disinvoltura nel Vecchio Continente con i loro passaporti.

Il giovane britannico Amer, 20 anni, il primo dei tre fratelli di Brighton arruolati in Siria e l'unico oggi ancora vivo, è arrivato per primo nell'area del Califfato nell'ottobre 2013. Tre mesi dopo è stato raggiunto dai suoi fratelli. Ora il padre, un rifugiato libico, sostiene di non essere per nulla d'accordo con la scelta dei figli ma punta il dito contro il governo britannico, convinto che la decisione di perseguire penalmente i giovani inglesi che tornano in patria dopo aver combattuto al fianco dell'Isis o degli altri gruppi jihadisti spinga alla radicalizzazione e non dia possibilità di recupero a chi - come potrebbe accadere al figlio Amer - potrebbe decidere di ricredersi.

Se è vero che sono almeno una trentina i combattenti britannici pronti ad abbandonare la causa jihadista in Siria e Irak ma spaventati da ciò che li aspetta - l'arresto da parte delle autorità o la vendetta dell'Isis prima del possibile rientro - intanto crescono i segnali di allarme in tutto l'Occidente dopo la scoperta che i vertici dell'Isis hanno ordinato a molti aspiranti reclute della jihad di restare nei loro Paesi d'origine per poter colpire sul posto.

Questo ha riferito Mike Rogers, presidente del Comitato di intelligence della Camera statunitense, quando ha raccontato di almeno 14 ragazzi australiani a cui l'Isis ha inviato una nota inequivocabile via Internet per rispondere alla loro offerta di arruolamento: «No, no. Quello che vogliamo è che restiate in Australia. Sequestrate persone per la strada, sgozzateli, filmate tutto e inviateci i video per fare altra propaganda».

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