La manovre di quest'anno e in misura ancora maggiore per il prossimo, rischiano di vanificare i timidi spifferi di ripresa che sfiorano l'Italia.
Ieri il Fondo monetario nazionale ha corretto le stime di crescita per l'Italia per il 2017. Lo 0,8 per cento. Un punto decimale in più rispetto alle previsioni di gennaio. Per il 2018, invece, il Fmi conferma una proiezione al +0,8%. Impietoso il confronto con il resto del mondo. Cresciamo la metà della Germania, tre volte meno della Spagna e cinque volte in meno rispetto alla media mondiale. D'altro canto le previsioni sul Pil dello stesso governo non sono ottimistiche. Crescita dell'1,1% quest'anno, poi un calo all'1% nel 2018, quindi stabile per un po' all'1,1%. Se l'Italia non aggancia la ripresa è anche colpa degli effetti della manovra di quest'anno e di quelle che seguiranno, ha ammesso il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan presentando il Def. Quindi, le politiche del governo sono destinate a frenare una crescita che è già bassissima.
Un saggio del come, emerge dai dettagli della manovra prossima alla pubblicazione. Nella correzione da 3,4 miliardi chiesta dall'Europa ci saranno più di due miliardi di stretta fiscale. Non aumenti di tasse in senso classico, ma un aggravio per le imprese e i professionisti. Dallo split payment, il pagamento dell'Iva direttamente all'erario da parte di uffici pubblici, partecipate e società quotate. A rimetterci saranno i fornitori di beni e servizi. E la manovra ha incluso anche i professionisti. Loro e le imprese non potranno compensare crediti e debiti con il fisco. Anche per effetto di un'altra stretta che abbassa la soglia oltre la quale servono garanzie extra. Il conto in questo caso è di 900 milioni.
Uno scenario che non piace alle imprese. Ieri sono sfilate alle commissioni Bilancio di Camera e Senato i rappresentanti delle associazioni datoriali e dei sindacati per le audizioni sul Def. Le imprese sono preoccupate. Per tutte le misure messe in campo dal governo non sono sufficienti. Valutazioni diverse sull'aumento dell'Iva. Ieri Renzi lo ha di nuovo escluso, sostenendo che il premier Paolo Gentiloni è sulla stessa linea e che non si farà nemmeno «in futuro».
Una risposta all'intervista di Padoan, nella quale non ha escluso l'aumento per coprire altre misure. Ieri Confindustria ha fatto lo stesso ragionamento del ministro. «Tutte le simulazioni che abbiamo fatto in questi anni su Iva versus cuneo fiscale danno un risultato di forte stimolo alla crescita economica, anche in queste situazioni di debolezza dei consumi», ha detto il direttore del centro studi Luca Paolazzi. Per Confcommercio «Non è rassicurante il ritorno di ipotesi di scambio tra imposte. Il punto da tenere è quello di una riduzione complessiva del carico fiscale su famiglie e imprese senza rincorrere pericolose congetture di migrazione di gettito tra tributi».
Il presidente di Rete Imprese Italia (Confartigianato, Cna, Confcommercio e Confesercenti) Giorgio Merletti, ha criticato alla radice lo split payment, perché toglie liquidità alle imprese. Si limitano le compensazioni in un Paese dove rimborsi Iva non avvengono entro i previsti tre mesi. L'evasione dell'Iva non si fa caricando le imprese di nuovi costi. Giudizio negativo anche da Confedilizia. Il presidente Giorgio Spaziani Testa ha criticato «l'assenza di qualsiasi azione finalizzata a ridurre un carico di tassazione» sulla casa, che oggi è una patrimoniale vera e propria da «50 miliardi di euro». Il Cnel ha rilevato come in Italia il 40% del reddito delle famiglie venga speso in tasse: di un budget annuo complessivo di 40.
000 euro quota destinata ai tributi raggiunge in media la cifra 16.000 euro, ha rilevato il presidente facente funzioni Delio Napoleone. No anche dagli enti locali, che battono cassa per 2,7 miliardi e dubbi dai sindacati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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