Ora Boris alza il tiro. Controlli sui beni Ue

I media: ecco la strategia del premier per strappare più vantaggi ai negoziati

Ora Boris alza il tiro. Controlli sui beni Ue

Londra E adesso il gioco si fa duro. Il giorno dopo la svolta storica che gli varrà una citazione nei prossimi libri di storia, Boris Johnson è pronto a premere a tavoletta sull'acceleratore delle negoziazioni con Bruxelles. Dimenticati i toni concilianti, le melliflue dichiarazioni di amicizia eterna, il premier intende davvero iniziare e completare tutti gli accordi entro i prossimi undici mesi. Nessuno può essere sicuro che ci riuscirà, ma intanto, ora che la Brexit «ha aperto un nuovo entusiasmante capitolo nella nostra grande storia nazionale» e che il Paese si è sottratto ai regolamenti comunitari, il governo sembra aver intenzione di riappropriarsi quanto prima del controllo dei propri confini. Almeno a parole, perché di fatto nel periodo di transizione nulla accadrà, ma la minaccia basta a fare pressione sui futuri negoziati con l'Europa che inizieranno in marzo. Ecco allora che - svelava ieri il Daily Telegraph - Johnson è pronto a imporre pieni controlli doganali e ai confini su tutti i beni europei, compresi animali e piante, che entreranno nel Regno Unito. In pratica, adesso che l'uscita è divenuta realtà, rispunta la minaccia di un «no deal» con misure molto più estreme di quelle sbandierate da BoJo ai tempi pre elettorali.

A tutti i dipartimenti ministeriali è quindi già stato richiesto di predisporre un sistema di controllo dei beni in entrata dall'Europa estremamente severo. Un approccio molto duro, studiato per far partire avvantaggiato il governo inglese alle trattative con l'Unione dalle quali il premier è sicuro di uscire vincente. «So che possiamo trasformare la Brexit in un successo straordinario - aveva detto due sere fa alla nazione - e nonostante gli ostacoli che si potranno presentare sulla nostra strada, so che vinceremo». Venerdì scorso, l'esecutivo si è riunito per discutere degli accordi futuri, accennando al desiderio di un'intesa di circolazione dei beni simile a quella canadese, con controlli alle dogane e regolamenti. Una fonte governativa ha però confidato che quello all'orizzonte è uno scenario ben più preoccupante. «Stiamo pianificando controlli completi su tutte le importazioni dall'Europa - ha spiegato - che richiederanno la presentazione di dichiarazioni di esportazione, certificati di sicurezza, controlli sulla salute degli animali e di tutti i beni che passeranno attraverso i caselli di ispezione di confine. Una prassi che nel gennaio 2021 raddoppierà gli attuali problemi pratici alle frontiere».

Le categorie del commercio hanno già respinto la tattica, mettendo in guardia il governo sul fatto che la procedura potrebbe creare ingorghi logistici, carenze di rifornimenti nei supermarket e un aumento dei prezzi. Ipotesi già sollevata da una commissione parlamentare ad hoc, che aveva stilato i rischi di un'uscita senza accordo. Quella di Johnson è quindi per ora soltanto la prima mossa di un gioco a scacchi che si preannuncia lungo e complicato.

A dimostrarlo basta il fatto che mentre il ministero per la Brexit ha cessato di esistere la notte del 31 gennaio, il ministro Michael Gove sembra già destinato a continuare a guidare un comitato per l'uscita dalla Ue. Se quella teorica si è appena consumata tra giubilo e lacrime, quella pratica non è neppure iniziata.

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