Onorevole Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, la Commissione Ue ha avviato una procedura di infrazione contro Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria perché non collaborano nella ricollocazione dei richiedenti asilo che si affollano in Italia e in Grecia.
«Si tratta della richiesta avanzata dal Parlamento alla Commissione con un documento approvato a larghissima maggioranza che chiedeva di far rispettare agli Stati membri gli impegni presi. Il primo passo era aprire la procedura di infrazione».
La proposta di riforma dell'accordo di Dublino, che impone che sia lo Stato in cui il richiedente fa ingresso nell'Ue a esaminare la richiesta, si è bloccata oppure procede?
«È una proposta della Commissione Ue che il Parlamento sta mandando avanti. Il dossier a luglio sarà votato nella commissione competente e a settembre sarà in Aula. Stiamo andando avanti per riformare Dublino ma gli Stati membri sono fermi tant'è vero che sottoporremo la questione al Consiglio europeo del 22 e del 23 giugno prossimi. Il Parlamento europeo sta facendo tutto ciò che deve, ma il problema è il mercato del diritto d'asilo».
In che senso?
«Poche settimane fa sono stato a Gorizia e ho parlato con il sindaco che mi ha detto dei richiedenti che stavano aspettando di ottenere lo status di rifugiato che gli era stato negato in altri Paesi europei. Non possiamo avere migliaia di persone che girano per l'Europa. Quando il diritto d'asilo non è concesso da uno Stato, il migrante deve essere rimpatriato».
Non esiste una direttiva?
«Sì. Ogni Stato deve compilare una lista di Paesi e di regioni per i quali sia prevista la concessione dello status di rifugiato. Il problema è che non sono omogenee. Ad esempio, l'Afghanistan non è considerato Paese a rischio da tutti gli Stati. Questo è inaccettabile, si crea una grande confusione. Il Parlamento si sta interessando anche dell'armonizzazione delle liste».
Se da parte dei Paesi dell'Est Europa vi fosse maggiore solidarietà nell'affrontare il problema dei migranti, la situazione potrebbe essere diversa?
«La risoluzione di cui dicevo prima chiede che vi sia verso Italia e Grecia la stessa solidarietà che l'Europa manifestò nei confronti dei Paesi usciti dalla dittatura comunista. La Slovacchia sta mostrando maggiore disponibilità. Gli altri dovrebbero fare lo stesso».
Non ritiene che la Germania sia stata poco determinata sulla questione?
«No. La Germania ha gli stessi problemi dell'Italia e della Grecia. Anche a Berlino pensano che si debbano redistribuire i richiedenti asilo».
La questione dei rifugiati rappresenta, però, un capitolo minore rispetto a quello dei migranti economici.
«Oggi (ieri, ndr) è venuto in visita al Parlamento europeo il presidente della Costa d'Avorio, nella scorsa plenaria abbiamo ricevuto il presidente dell'Unione Africana con cui l'Unione europea ha fissato un vertice ad Abidjan. Entrambi hanno sottolineato la necessità di investire maggiormente in Africa per bloccare i migranti prima che arrivino in Libia».
Cosa sta facendo l'Europa?
«Il Parlamento sta discutendo di un fondo fino a 4 miliardi per l'Africa che con l'effetto leva può attirare investimenti per 40 miliardi di euro. Ovviamente bisogna vigilare sull'utilizzo dei fondi».
Quali dovrebbero essere le prossime mosse?
«Bisogna costruire campi di accoglienza in Libia.
Il 21 giugno organizzeremo un evento per sensibilizzare il Consiglio Ue al quale parteciperà anche il premier libico Sarraj. L'Europa deve parlare con una sola voce per avere un interlocutore che fermi i traffici di migranti in modo da ripetere l'esperienza positiva dell'accordo con la Turchia che ha ridotto del 90% i flussi migratori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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