"Ora serve un taglio all'austerità, non al debito"

Il professor Gustavo Piga: "L'Europa è di fronte al secondo referendum, quello degli altri 18 Paesi dell'euro. Devono decidere se cacciare la Grecia o cambiare le regole"

"Ora serve un taglio all'austerità, non al debito"

Il no, ha vinto con 22 punti di margine. Che significa?

«La vittoria del no ha tolto terreno a chi sosteneva che all'interno dell'Unione Europea non si potesse dare voce all'espressione democratica nei singoli Paesi», dice in questa intervista al Giornale Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all'Università romana di Tor Vergata. «Da ieri l'antieuropeismo è più debole».

Pare controintuitivo.

«Se avesse vinto il sì, partiti antieuropei come M5s o la Lega ci avrebbero detto che il popolo greco aveva votato così perché era stato costretto, non potendo esprimersi liberamente. Invece il referendum greco ci ha dimostrato che in Europa ha vinto la democrazia».

Mi pare che Grillo o Salvini la vedano diversamente.

«La posizione di Grillo è assurda. Salvini è più coerente perché almeno non è andato in Grecia. In ogni caso la realtà è che le loro posizioni sono diverse da quelle delle urne di Atene: vogliono uscire dall'euro. I greci invece hanno detto chiaramente che vogliono restare dentro, ma con un euro diverso, con altre regole».

Ora che succede?

«Ora ci sarà il secondo referendum»

Vale a dire?

«Quello che stanno organizzando gli altri 18 Paesi dell'euro. La Grecia non ha più niente da dire, la palla è in mano al resto d'Europa. A loro decidere se espellere Atene oppure no».

Senza urne però

«Certo, questo secondo referendum si svolge nei tavoli vellutati a Bruxelles dove bisogna decidere se espellere i Greci e, altra faccia della stessa medaglia, se vogliamo vivere in un'altra Europa oppure no. Le due cose vanno insieme».

Non c'è Europa senza euro?

«Se si decide che si espelle la Grecia dall'euro, la si caccia anche dalla Ue. Sarebbe un grave errore di sottostima della forza del popolo greco pensare il contrario: non si può più stare in un'Europa dalla quale si è stati cacciati via dalla moneta unica. E non sono romanticherie: la Turchia, dopo l'ennesimo sprezzante no europeo ha guardato altrove, verso l'Islam. E così i cristiani ortodossi greci guarderanno ai loro fratelli russi».

Non potrebbe avere un ruolo la Bce?

«È irrilevante. La Bce dipende dalla politica ed è rassicurante che sia così. Mario Draghi ha sempre ascoltato Angela Merkel. Non sovrastimiamo la Bce. Piuttosto siamo consapevoli che in ogni prossima mossa di Francoforte potremo leggere la posizione di Berlino».

Concretamente, di quali scenari alternativi stiamo parlando con questo «secondo referendum»?

«Stiamo chiedendo di cambiare la Costituzione europea, con l'abbandono del fiscal compact . Solo così si può venire ampiamente in aiuto ai Paesi in difficoltà. È l'unico sistema con cui il credito che si ripaga sempre. L'altra grande unione monetaria mondiale, gli Usa, lo ha capito molto bene. Quando un loro Stato ha fatto un default non lo hanno mai espulso dal dollaro. Ora tocca all'Europa decidere».

Quindi è il fiscal compact il punto chiave?

«Mai vista una struttura così astrusa, che impone un modello di austerità e di riduzione dei rapporti deficit-Pil che non può funzionare».

Qual è la soluzione?

«Sarebbe molto più efficace dare un taglio all'austerità piuttosto che al debito, come chiedono i greci.

Con un taglio all'austerità non si arrabbia nessuno, nemmeno i tedeschi che così avrebbero più risorse per investire e consumare. Mentre il taglio del debito, che è ormai detenuto dagli Stati, è diventato come gli eurobond: nessuno lo vuole per non trasferire risorse ad altri europei».

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