Ora le "tute rosse" temono che il Cavallino diventi americano

Facce scure tra gli operai, che non si fidano di Sergio. Ma a Montezemolo si rimprovera la maxi liquidazione

Tute rosse, facce scure. Perplesse, scocciate. Facce di gente che ci crede, ha sempre creduto in questa azienda, nata e cresciuta in una terra che profuma di buono. Un profumo che ti resta sulla pelle. Che sa di successi e di fantasia. Di strade da percorrere, così anche solo per provare. Di sfide, magari contro le statistiche, da raccogliere e regalare a chi vuol bene a quel capolavoro.

Escono alla spicciolata le tute rosse della Ferrari mentre rimbomba ancora l'eco della conferenza stampa-extra long del nuovo gran capo Sergio Marchionne e dell'ex, Luca di Montezemolo.

Escono e parlano a mezza bocca. E quei pochi che bofonchiano commenti, nello stuzzicante e intrigante dialetto del gnocco fritto, beh non sembrano proprio crederci molto alle rassicurazioni dell'uomo in maglione che ha appena sentenziato: «La Ferrari è nata e morirà italiana. Se qualcosa venisse prodotto fuori da questo stabilimento sarebbe osceno, totalmente inconcepibile, se non nascesse qua non sarebbe più la Ferrari». Quindi?

«Quindi sa che cosa le dico - sbotta un operaio sulla trentina - ? Che la vera verità a noi, almeno a me, sembra che l'abbia detta Montezemolo. Lui lo ha detto per primo, quando è cominciato sto' casino che la Ferrari diventerà americana. E io sono dell'idea che potrebbe anche aver ragione. Sono portato più a credere a lui che all'altro, quello che è arrivato oggi, e sono convinto che, se cambieremo, sarà un peccato per la nostra Rossa». Conferma lo scetticismo che prevale Cesare Pizzolla, segretario provinciale della Fiom: «A caldo posso dire che la figura di Marchionne suscita più di una perplessità. La sua storia, le scelte che ha fatto in Fiat non sembrano certo dirci che lui ha tenuto conto del radicamento territoriale delle aziende. In più, come sindacato, c'è da essere preoccupati perché le peculiarità come i due livelli di contrattazione ottenuti in Ferrari dopo anni di lotte mi sembrano minacciati con il suo arrivo».

Qualcuno è pure scocciato per la liquidazione da 300 milioni di euro che finirà nelle tasche di Montezemolo: «A noi - tiene a precisare un altro non giovanissimo operaio - hanno dato un bonus di quattromila euro come premio di produzione nella busta paga di aprile, ma lo hanno avuto solo quelli che non avevano chiesto giorni di malattia, di permesso o di congedo matrimoniale. Con lui invece non si bada a spese».

In compenso c'è il sindaco di Maranello, Massimiliano Morini, che si sente in dovere di intervenire, con le parole che seguono, per segnare il territorio e gli interessi del territorio: «Il primo brand al mondo oggi è in Italia, in territorio modenese, ed è la Ferrari. È un traguardo straordinario, ed è il punto di partenza della nuova presidenza, a cui rivolgo i migliori auguri di buon lavoro. Modena è Ferrari, e la Ferrari è Modena. La Ferrari è un'eccellenza di Maranello e dell'Italia intera. Sotto la presidenza di Luca di Montezemolo si è molto rafforzata la collaborazione tra l'azienda, le istituzioni locali e le imprese del territorio: insieme alla Ferrari sta crescendo anche Maranello, in un percorso che, ne sono certo, anche nei prossimi anni continuerà a portare risultati importanti per l'azienda, per la comunità e per i tanti appassionati». Un po' di rettilineo e una quasi finta chicane e siamo in via dell'Abetone inferiore, dove al Ferrari Store si litiga come al solito, come in un giorno normale. Ma attenzione, non per Marchionne o per Montezemolo ma per accaparrarsi una polo, una felpa, un paio d'occhiali con l'emblema del Cavallino Rampante. Costi quel che costi. «Sapete che cos'è successo in Ferrari?», chiedo a due biondissime ragazze bergamasche che sembrano gemelle. «Sì lo sappiamo, ma la Ferrari resta e resterà la Ferrari qualunque cosa accada e comunque vada a finire». Insomma, quando il mito è un Mito con la m maiuscola fai anche centinaia di chilometri per un “Maranello tour“ che includa anche lo shopping nel negozio più rosso che c'è. Altrimenti se torni a casa senza un gadget diventi anche tu rosso. Ma di vergogna.

Questo è il popolo Ferrari. Che, comunque, mentre indossa la felpa, sotto sotto continua a fare il tifo per Montezemolo. E intanto, mentre gli uomini e le donne della Ferrari, 2.600 dipendenti che si sentono una famiglia, pensano a rifarsi dalla figuraccia di Monza cercando di concentrarsi sul prossimo GP di Singapore, a Maranello, il parroco don Paolo Monelli spera, non tanto in un miracolo per non scomodare esageratamente il Padre Eterno, ma in una vittoria.

Così, giusto per tornare a suonare le campane, come faceva il suo mai dimenticato e indimenticabile predecessore don Alberto Bernardoni che suonava più per le vittorie della Rossa che per annunciare le Messe. Quelli erano tempi.

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