Stava lì da 130 anni e la faceva da padrone dall'epoca di Verdi. Un blocco monopolistico d'acciaio, quello della Siae, storicamente preposto alla raccolta dei diritti d'autore e blindato da una legge del 1941, che adesso è venuto giù come il Palazzo d'Inverno arrembato da Fedez, dai piccoli autori male o mai pagati, dalla tecnologia digitale, dal nuovo contro il vecchio, da un rapper contro un ministro. Perché non si poteva star lì, con quadernino e penna, a trascrivere gli incassi dei musicisti, per versarli agli autori dopo un anno o due: ora c'è il borderò digitale, a rendicontare l'utilizzo delle opere musicali entro 7 giorni dal concerto e i soldi delle royalties arrivano entro 90 giorni, sia in Italia che all'estero. Una vittoria di Davide contro Golia, che rivoluziona la gestione dei diritti d'autore, in Europa e non solo, dove la fionda è Soundreef, società fondata e amministrata da Davide D'Atri. «Lavoreremo in Italia insieme all'associazione no profit Lea (Liberi Editori Autori). Gli oltre 11mila autori ed editori nostri iscritti saranno rappresentati ed intermediati in Italia da Lea, rientrando così nel perimetro delineato dall'articolo 19 del decreto fiscale collegato alla legge di Stabilità 2018», spiega D'Atri dal palco del cinema trasteverino Alcazar, dove ieri si è tenuta una conferenza stampa dall'atmosfera carbonara. Con Fedez, pentastellato militante, deciso a far coincidere la fine del monopolio Siae con la sua faccia di ragazzo lombardo attento ai conti. Tanto più che presto sarà padre e tra ciò che suona e ciò che incassa vuole una verifica online, in tempo reale. Lui e gli 11mila autori italiani iscritti: J-Ax,Gigi D'Alessio, 99Posse, Fabio Rovazzi, Nesli, Maurizio Fabrizio, il maestro Adriano Pennino, Marco Masini ed Enrico Ruggeri, quest'ultimo presto a Sanremo col suo gruppo «Decibel», citando i più noti.
Felpato, per timore d'incorrere in noie legali, Fedez specifica d'aver creduto nel progetto Soundreef dal'inizio. «Ero consapevole delle difficoltà cui saremmo andati incontro, ma sapevo che si doveva rompere un monopolio e un sistema che agevolava pochi soggetti e i soliti», scandisce il rapper, il quale non ha ricevuto le querele annunciate dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e dal direttore della Siae Filippo Sugar, il figlio di Caterina Caselli succeduto a Gino Paoli, travolto dallo scandalo d'una frode fiscale. Il motivo del contendere? Federico Leonardo Luca, in arte Fedez, aveva attaccato Franceschini per un presunto conflitto d'interesse sulla Siae, asserendo che la moglie Michela Di Biase gestiva gli immobili della società. Ne era nato un botta e risposta su Twitter e una minaccia di querela. Da parte sua Franceschini, nel frattempo aveva radicalizzato la sua posizione sull'esclusiva della Siae, contestata dalla base dem più aperta alle liberalizzazioni. Come il deputato Emiliano Minnucci, intervenuto a gamba tesa per evitare la procedura d'infrazione dell'Ue sul monopolio Siae. «Il rischio di un provvedimento è reale, adesso il governo deve dimostrare coraggio. Non possiamo lasciare ai Cinque Stelle la bandiera della modernizzazione», consigliava Minnucci, riaccendendo il dibattito sulla gestione del diritto d'autore, divenuto campo di scontro fra forze politiche, volte a intestarsi la battaglia della liberalizzazione. Qualche perplessità, tuttavia, qua e là affiora.
La Soundreef è nata a Londra nel 2011 (ma le tasse vengono pagate in Italia) e deve affidare alla Lea la riscossione del copyright, appoggiandosi alla Suisa, la Siae svizzera, con un accordo di reciprocità: una catena di comando complessa, che cela un'incapacità a operare, stando alla Siae. Che ora denuncia l'attività «telecomandata da una società a scopo di lucro» e confida «nell'intervento delle autorità».
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